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24 Agosto 2007
Il Cuore nell’Irlanda, l’Irlanda nel Cuore

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Il Cuore nell’Irlanda, l’Irlanda nel Cuore

Occhi pesanti e bocca ancora impastata dagli ultimi sorsi di Guinness scura, questo è quel che ora mi rimane di fisico nell’Irlanda che mi sono lasciato alle spalle dopo otto giorni… sensazioni tattili e gustative che però nascondono molto di più nella loro apparente e riduttiva semplicità. Riordinare le idee e provare a tracciare una linea di cosa è stata la terra dei folletti e dei paioli pieni di monete è un qualcosa di difficile, difficile perchè si rischia di essere riduttivi, del perdere il sapore che una delle pinte scure di Dublino sanno maturare in quei quattro minuti che ci mettono per essere definitivamente servite. Partirei dai minuti, dal tempo, che rallenta visibilmente, inesorabilmente, carezzevolmente… fino a diventare liquido e placido agli occhi di chi abbraccia la grande città di Dublino per la prima volta, al primo approccio in quel di O’Connel street, nella sera di un quindici agosto che di quindici agosto ha ben poco. Eppure rimango subito colpito dalle luci, dai toni e dallo stile di questa terra particolare… percependo un surreale senso familiare di casalinga sicurezza. Minuti, tempi soffusi che si contrappuntano con il repentino incedere delle nuvole che costellano un cielo mai privo di sorprese, calibrato in maniera impressionante con il mio ego metereopatico, tanto che non riesco a non essere fiducioso guardando fuori dalla finestra. Entropia, cambiamento, sorrisi “thank you” “excuse me” “sorry” sempre detti con un sorriso che sa di sincero… e la sensazione netta di essere catapultati da un’altra parte del mondo, in cui il mio essere corazzato e mascherato da mille protezioni risulta apparire uno sterile tentativo di imbucarsi ad una festa in maschera col costume sbagliato. Non ci sono inibizioni davanti alla gente d’Irlanda, sempre pronta a mettere una parola, quella giusta, e ad allungare una pacca sulla spalla. Cosa ricordare di questi giorni è impresa ardua, tanto che ad un certo punto ho anche scelto di tenere un diario dei pensieri che è diventato così personale, fin dall’inizio, da risultarmi strano. Non ho mai tenuto diari eppure ho trovato appagante il farlo… ed è capitato per la prima volta lì, in Irlanda. Di Dublino mi porto dentro le vie affollate e gli angoli caratteristici, i Pub chiassosi e gli sterminati prati del Trinity College… e poi l’aver rivisto, dopo tanto tempo, una persona che per prima, nel suo presentarsi così cambiata eppure così simile, familiare ed affine a come la ricordavo, mi ha aperto le porte ad un cammino di rigenerazione dell’anima insinuatosi giorno dopo giorno sempre più nel profondo. Da lì la pioggia, il vento, il sole e le nuvole hanno portato me ed i miei compagni di viaggio a percorrere le vie dell’Irlanda del nord, con una lunga tirata che ci ha consegnato alla città di Coleraine, preludio allo spettacolo del giorno successivo. Un sorriso accompagna la partita a biliardo fra un vecchio ubriaco del posto e Giovanni, match in cui io, unico a capire abbastanza bene l’inglese dal sapore di Guinness dell’uomo, ho giocato il singolare ruolo di interprete. Ma è un attimo prima che il senso di pace e leggerezza delle zone di Rope Bridge e Giant’s Causeway mi entri nuovamente fin dentro il cuore e mi faccia realmente tremare per le emozioni che ha saputo suscitare nel mio animo perennemente inquieto. Ogni carezza di questa nazione l’ho accolta come un regalo inaspettato, come quella famosa “pacca sulla spalla” di cui qualcuno conosce bene il significato (o lo conosce e vorrebbe poterlo provare). L’Irlanda del Nord è negli occhi dei ragazzi di Derry, così piccoli eppure così adulti e determinati, con la stoffa di chi è cresciuto piegandosi senza mai rompersi… è tutta nelle ragazzine che fanno da baby sitter mentre i loro coetanei prendono di assalto i Fish and Chips per uno spuntino pre-cena. L’Irlanda intera è nella signora che a Coleraine, sotto la pioggia, si ferma e ci aiuta nella nostra disperata ricerca di una sistemazione… è nella vecchietta di Limerick che nonostante la fretta si prodiga per trovare un tetto a quattro italiani, è in una chiacchierata con il gestore di un pub in una cittadina di quattromila anime, che vuole sapere cosa accade in Italia e si commuove quando gli confido che la sua è una delle migliori Guinness che ho assaggiato. Il tempo in Irlanda si ferma e le voci danno adito a riflessioni profonde, per chi le sa ascoltare… voci di folletti o forse semplicemente il senso di introspettiva ricerca di un qualcosa generato dalle impressionanti esperienze delle Aran e delle Cliff of Moher. Senso di libertà che scorre come linfa vitale nella stupenda Galway, cuore pulsante e dimora naturale di ogni artista che senza remore e vergogne vuole presentare la propria arte ed il proprio messaggio lungo le strade ciottolate del centro. Il grande potere di queste zone è quello di farti perdere e ritrovare in una nuova dimensione, il farti vedere cose da un punto di vista leggermente diverso, il dimostrarti che innanzi ad uno specchio si può anche sorridere così come piangere… perchè in Irlanda non piove solo, ogni dieci minuti ci si può anche aspettare il sole. Ho imparato che anche il grigio ha la sua bellezza, ho imparato che la bellezza delle cose non sta solo nella loro semplicità, ma anche nella capacità del guardarle, semplicemente, esattamente come esse appaiono, senza troppe riflessioni di sorta. L’Irlanda e le sue persone hanno aperto una profonda breccia nel mio cuore, al punto tale che ora, qui nel comodo della mia casa, sento di essere lontano da qualcosa che in parte mi appartiene in maniera profonda… possibile che sia il primo effetto… eppure mai mi era capitato di provare una sensazione del genere. Non voglio rovinare oltremodo con le parole certe sensazioni… lascerò l’ultimo pensiero alla lapide che ho letto a Sixmilebridge, ultimo baluardo prima della partenza da shannon: “Nobody is gone unless you want them to go if you don’t want them to go then they will be with you forever In memory of those who are gone but will never be forgotten erected by those who will always remember them”

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