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21 Ottobre 2007
Qualcosa di Endemico

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Qualcosa di Endemico

C’è un qualcosa di endemico, di territorialmente limitato e limitante nell’incedere e nello svilupparsi di alcune dinamiche non complesse, sociali, socialmente rilevanti e socialmente diffuse. C’è un qualcosa di congenito, invece, nell’incedere nel tempo e nello spazio riguardo al mio personale modo di affrontare le suddette endemiche situazioni, una sorta di radiazione di fondo latente che mi ricorda che per quanto l’universo sia in espansione tutte le sue particelle finiscono sempre a combinarsi ed a convergere in alcuni punti di rottura, in situazioni galattico-stellari che implodono in buchi neri o stelle che si lasciano stancamente consumare in giganti rosse, nane bianche quark o supernove. Disegno geometrie nel cielo stellato fatto di incontri con particolari galassie sconosciute, mi attirano i colori ed il fascino dell’ignoto, corro e concorro ad esplorarle con l’animo speranzoso di chi vuole cercare vita nell’universo e finisco col redigere immaginari “diari di bordo” che si esplicano in parole sospese nell’aria, come queste, forse. Il vostro affezionatissimo domani, finalmente, inizia a lavorare… dopo aspre vicissitudini e drammatici colloqui senza uscite c’è stata la svolta… una svolta lampo che mi ha lasciato un pò disorientato e, come sempre, mi ha ispirato a tracciare una sorta di “riga immaginaria” di molte cose. Un inizio rappresenta sempre una linea di partenza ma giocoforza anche la linea di arrivo per alcune cose, si tratta sempre di saper vedere e trovare il positivo a di là ed al di qua della linea. Parole, gente che si dimostra interessata al mio profilo professionale, un posto in cui finalmente potrei (dovrei) dimostrare e mettere in atto quelle che sono le mie capacità, le piccole cose che so fare e quelle che vorrei imparare, che voglio imparare… il solito contratto a progetto, ma non è quello il problema… non riesco a spiegarmi come sia possibile che l’effetto di soddisfazione per un qualcosa che attendevo da parecchio arrivi ad esaurirsi d’un fiato nell’arco di pochi respiri, quelli in cui cerchi di realizzare cosa sta capitando, chi ti sta parlando, cosa ti stanno proponendo. Esci al pomeriggio sotto il sole e senti subito che ti manca qualcosa, che nella tua personalissima cosmogonia filosofica delle palle l’equilibrio si è rotto, c’è stato un riassestamento eppure ti manca sempre (ancora) qualcosa. Guidi canticchiando qualcosa e battendo il ritmo sul volante della macchina, immagini di suonare una fantomatica batteria mentre aspetti che scattino i semafori, quasi a voler scacciare qualcosa da dentro, qualcosa che non ti spieghi. C’è qualcosa di endemico, ne sono certo, in tutto ciò… nelle relazioni-boomerang che si instaurano con le persone che mi circondano, nel tornare sempre puntualmente punto e a capo con tutti, con chi conosco da tempo, con chi ho appena conosciuto… c’è un qualcosa di concretamente indiscernibile dal flusso placido della vita che cerco di cambiare in ogni istante e che in ogni istante, forse proprio per “colpa” di quella “radiazione di fondo” ritorna ad essere ciò che era. Mi rendo conto con preoccupazione che sto scadendo nella disillusione, una condizione che non mi apparteneva da tempo… le piccole vittorie che ti capitano, come quella del trovare un lavoro, rimangono dei picchetti piantati su un deserto in cui ti chiedi “ma con chi sto condividendo tutto ciò?” E per una volta, ancora, hai paura della solitudine… quella che non puoi programmare, quella che sembra inscritta in quella maledettissima radiazione di fondo…. e forse è davvero solo qualcosa di endemico.

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