Il tempo passa in maniera impietosa e questi mesi di silenzio sono stati una sorta di stillicidio dei secondi e delle lancette, in una dimensione strana, singolare, che ha portato tutto ad improvvise accelerazioni e inaspettati rallentamenti, sospensioni.
Il tornare a scrivere qualcosa, dopo la serie di eventi che sono accaduti mi lascia stranito, quasi come se pensassi ad una storia che si astrae dal mio vissuto e si consegna nelle mani di qualcuno per essere analizzata. Quasi come se per certi versi tutto questo mi appartenesse in maniera trasversale.
Ho conosciuto e riscoperto il valore di molti aggettivi durante questi mesi, mi sono messo in gioco e rivoluzionato sotto diversi aspetti… si parla di qualcosa che è andato a scavarmi dentro con la prepotenza dei tempi andati, che quasi avevo dimenticato. Un lento ed inesorabile distacco dalla realtà fatta dei soliti ritmi delle solite aspettative, per tornare ad abbracciare il piacere del fare progetti di un minuto che si riflettevano nel tempo, come un’onda la cui dispersione si protraeva fino a consumarsi placidamente verso nuovi inizi.
Tutto scivola come il delay di una chitarra che si perde nel suo ripetersi modulato e incerto, tutto sembra rifrangersi contro uno specchio che rimanda indietro emozioni, frammenti di immagini e aliti di vento che sanno di respiri e parole dette, pensate, tasti che battono su un cellulare.
Ricordi di notti insonni e di mal di pancia, mani che si stringono aggrappandosi all’aria, cercando di afferrare qualcosa che sfugge e che ancora una volta non dipende dalla sola volontà di una persona a fare dei passi in avanti.
Queste righe non so cosa vogliano dire, è come quando ti svegli la mattina, cerchi di capire se hai fatto un brutto sogno o un incubo, cerchi di ricordare e pensi che infondo la vita inizia proprio in quel momento, dai passi incerti e meccanici verso il cesso, colazione… treno, lavoro…
Ma io sono fin troppo sveglio… ormai.