Il pensiero spensierato. L’archetipo o il costrutto che porta all’alleggerimento dell’anima, alla sospensione, per un attimo, del giudizio. Sia esso universale, soggettivo o oggettivo, niente conta, niente è realmente determinante nel voler tracciare forzate linee a definire uno spazio, un concetto, una dimensione che il più delle volte sfugge.
Il pensiero spensierato.
Un qualcosa di primitivo e così apparentemente semplice da afferrare, raggiungere, produrre. Niente si palesa come maggiormente difficile quanto le situazioni che teoricamente, sulla carta, dovrebbero essere di una consistenza ben diversa.
Il pensiero di chi non vuol comunque dimenticare cos’è stato, cos’è diventato, cos’ha vissuto e cosa sta vivendo, cosa spera di diventare e vivere e respirare a pieni polmoni.
Possono scorrere kilometri sotto i piedi, possono essere scanditi dal pensiero di un traguardo, dal pensiero del vedere fin dove si arriverà questa volta, dalla paura di prendere parte ad una gara con troppe salite, dal temere le discese che insidiano con le loro sassaie.
Il pensiero va sospeso quando ti rendi conto che tutto deve avere un suo giro o percorso, quando pare che nell’esatto istante in cui smetti di fare a cazzotti col vento tu riesca a piegarlo, quel vento.
Ci va un contenitore per pensieri o magari un pensiero in meno e una pacca sulla spalla in più.
La verità indissolubile, però, è sempre lì… a ricordare, a ricordarmi, che in qualunque bufera potrò sempre tornare a casa, in quegli attimi rituali che precedono l’andare a raggiungere il letto, e guardarmi allo specchio senza provar remore per ciò che vedo, per ciò che sono stato e per ciò che spero di continuare ad essere.