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30 Aprile 2009
Quando

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Quando

Quando apri gli occhi la mattina, quando cerchi con la mano il cellulare che ti funge da sveglia e sai benissimo che hai aperto gli occhi almeno 20 cazzo di minuti prima che inizi a suonare “Teardrop” dei Massive Attack nella tua stanza, quando come prima cosa constati che nonostante tutto la tua prima deglutizione volontaria della giornata impatta con qualcosa di duro e solido lì, lungo la tua carotide, pensa di correre.

Quando molto lentamente ti rivivi il solito tragitto come un film visto cento volte, un film che cazzo ti sei decisamente rotto di vedere, pensa di correre due volte, se puoi fallo, copri i metri che ti separano dal passaggio sopraelevato sparandoti musica nelle orecchie e carpendo ogni dettaglio, cercando qualcosa di nuovo nel tuo percorso, nel tuo tema “il mio percorso da casa a scuola” delle elementari, corri.

Quando invii dieci cento cv al giorno e guardi il telefono con la paranoia che sia rotto, che non prenda bene, forse per quello non ti richiamano, quando metti “importante” alle mail che invii, quando metti tutte le stracazzo di ricevute di ritorno possibili e immaginabili e constati “Your message has been delivered”, “il suo messaggio CV Marco Rossetti è stato letto da pincopallo alle ore chissenefotte”, pensa e corri, corri lontano più che puoi e muovi quelle cazzo di gambe.

Quando ti sbatti per fare al meglio il tuo lavoro e uno stronzo che non sa nemmeno quale sia il tuo ruolo o cosa sei o non sei capace di fare, quando magari quello stronzo è pure quello che ti paga, ti dice che hai fatto un lavoro del cazzo, quando il tuo “lavoro del cazzo” invece viene apprezzato da chi doveva esser apprezzato, quando stai dietro le quinte mentre facce di merda si spartiscono meriti, bandierine, spillette, tu semplicemente corri, corri lontano con la tua mente.

Quando speri in un minimo di riposo e in una boccata d’ossigeno, quando ti spostano il traguardo e con un ghigno beffardo ti scaricano un camion di merda davanti urlandoti “ora scalalo coglione!”, quando pensi che davvero forse non ce la puoi più fare e che le hai tutte tu e che capitano tutte a te e ti senti un pò patetico, cazzo quando ti capita tutto questo non devi far altro che correre capito? Alzare i piedi, spingere, sentire i muscoli che bruciano: corri lontano.

Quando qualcuno ti fa sentire piccolo, ti fa sentire che non vali nulla, quando ti dicono che hai finito il tuo lavoro e nemmeno “arrivederci e grazie” e ti vedono come un peso, quando oltre a spupazzarti kilometri su kilometri con perfetti sconosciuti che diventano quasi la tua seconda famiglia, quando inizi a notare le stesse facce sul treno e lo stesso circolo e temi di essere entrato in qualcosa in cui non saresti mai voluto entrare: la routine del pendolarismo; quando il tuo stomaco che con precisione svizzera si gira a ricordarti che in realtà la routine forse sarebbe un sollievo almeno per la tua testa di cazzo, quando ti porgono una mano sperando tu accetti il loro “vaffanculo”, tu sorridi e poi, ovviamente, corri, vai lontano.

Però.

Quando basta una persona, senza effetti speciali, senza maschere di sorta, quando basta una persona a prendere quel nodo alla gola e disintegrartelo, a prenderti l’anima con due mani facendoti un massaggio ad “anima aperta” stile pronto soccorso, quando ti ritrovi a sorridere davanti al tuo cellulare e te ne freghi di quello che ti hanno fatto, te ne freghi di quello che ti hanno detto, perchè trovi una cosa bella. Quando la cosa bella che trovi ti toglie via dallo stomaco il peso, ti fa pensare che stai facendo qualcosa di buono nella tua cazzo di vita, che stai facendo qualcosa che hai sempre voluto fare, quando riesci ad andare a dormire la sera con un sorriso sulle labbra e l’animo, per un pò, leggero.
Allora fermati, smetti di correre.
Sei a casa.

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