Colloqui di lavoro?
6 Febbraio 2010Mi sono svegliato l’altra mattina. Sì, insomma, di per sè non è niente di strano svegliarsi alla mattina, il fatto è che tutto questo mi è capitato con un mix shakerato a dovere di sensazioni strane, sensazioni che oramai stanno diventando un’abitudine in questi tempi.
Il termometro segna qualcosa intorno agli zero gradi e direi che ci siamo, la temperatura è quella giusta, il gatto è raffreddato e sternutisce copiosamente, direi che c’è anche lui, nel senso è nel mood giusto e nel contesto giusto. Già perchè capita raramente di svegliarsi e dire “Cazzo cazzo cazzo sono in ritardo ho un colloquio con… come cazzo si chiama… ora cerco l’indirizzo su google maps… ah no… cazzo ho un colloquio con me stesso??”.
In realtà mi balena per un’attimo l’idea che stia ancora sognando, ma altrettanto concretamente (senza indagare se sia un sogno o meno, “evidentemente sono concreto anche nei sogni”, mi dico fra me e me) non me ne frega proprio nulla. Insomma mi viene la sicurezza che sto sognando dal fatto che passo dalla tenuta-dormiente sconclusionata e dal fastidiosissimo piumone che non si pizzica bene al fondo ad una porta anonima in un corridoio anonimo illuminato da luci al neon. Decisamente posso essere strano in questi ultimi tempi, ma non strano al punto di perdermi interi pezzi di tragitto. Certo mi capita di guidare e chiedermi con fare angosciato “ma dove cazzo sono? dove sto andando?” ma credo siano soltanto domande che il mio subcoscio esplicita per problematiche ben più ampie e dilatate rispetto all’imbocco o meno di una tangenziale.
Insomma le luci al neon mi hanno sempre dato parecchio fastidio, le trovo appiattenti (si dice “appiattenti”?) e spersonalizzanti. Quindi decido di concentrarmi all’analisi delle sedie. E’ incredibile come anche nei sogni la mia preoccupazione principale sia quella di andare al bagno, non so forse una latente mancanza di sicurezza, forse un singolare cordone ombelicale col cesso. Propendo per la seconda teoria, mi piace, infondo faccio sempre foto ai cessi ci sarà un perchè, va bene darmi questo “perchè” per questa volta.
Ci sono delle riviste e dei giornali, quotidiani, giornali di gossip, insomma le classiche cose che si trovano nelle sale d’attesa. Il corridoio è stretto e lungo e ha un che di claustrofobico. Mi ricordo che Artù, che mi sternutiva sulle ginocchia poco prima, aveva lo spiacevole odore di pesce. Io odio il pesce.
Le riviste parlano dei processi mediatico politici culturali a tutte le personalità, o presunte tali, che devono interessare all’Italia intera. Perchè è logico che si debba instaurare un bel teatrino ad hoc quando capita uno “scandalo”. Siamo arrivati al paradosso estremo per cui “lo scandalo” diventa una sorta di oggetto da laboratorio, coltivato, fatto crescere e poi liberato a dovere in un ambiente protetto e controllato. Ci sono tutti gli estremi affinchè lo si possa considerare un vero e proprio esperimento scientifico. E poi lo dicono anche i rinomati studi di qualche università di cazzi e mazzi: “il Gossip fa bene”. E allora fottiamocene della ricerca, quella vera, investiamo sugli esperimenti scientifici di socialità applicata. Prendiamo un personaggio, facciamogli dire stronzate e piuttosto che sorbircelo un tot di minuti su un palco, costruiamo un caso e portiamolo in giro per tutte le trasmissioni. Perchè in Italia la cosa migliore è avere il proprio ruolo. Iniziare da vittima, diventare carnefice e finire per essere eroe dopo esser passato al lavaggio di panni sporchi in pubblico. Allora è tutto un gran essere fighi cazzuti, sticazzi. Siamo troppo avanti noi italiani, abbiamo i metalmeccanici Fiat, quelli che un tempo la gente a Torino chiamava “napuli” che ora votano lega e ce l’hanno a morte con gli immigrati. Poi abbiamo i “nordici DOC” che invece ora se la menano da progressisti ma in realtà subaffittano a 800 euro al mese a testa dei garage ad immigrati irregolari (o non, non fa differenza) sentendosi anche benefattori.
Abbiamo fatto cadere il muro di Berlino e ci siamo impegnati, nei successivi venti e passa anni, a far cascare le palle alle generazioni future. Già, io mi ci metto dentro. Siamo prima bamboccioni, poi siamo gente che non sa vendersi, poi ancora gente che non sa osare, poi ancora mercenari che decidono di lasciare l’Italia per cercar fortuna all’estero.
Fra tutte le cose che si sono pensate di fare forse si sono dimenticati di darci un briciolo di dignità e credibilità. Forse semplicemente qualcuno ha iniziato a pensare che il gioco dello “scaricabarile” poteva essere un’ottima modalità per esimersi dalle colpe che portano le nuove leve a sentirsi al di là del bene e del male.
Insomma sono intento a pensare a tutto questo fottìo di cose, rigirandomi in mano le copie patinate di qualche giornale con gente che ride, gente che piange, tette rifatte, tette che non sono più com’erano, storie di vita… ma si apre la porta e capisco che tocca a me.
Ho tolto gli orecchini? sì
Ho coperto il tatuaggio? sì
Mi sono vestito bene? sì
Sto sorridendo? haivoglia, sono il ritratto della felicità
Ecco così dobbiamo essere, felici di vivere e di gettarci nelle mani di chi ha una bella vaschetta-gelato stracolma di merda ed è solo desiderosa di vedere quanto ci metteremo a farci andar giù la prima cucchiaiata, senza perdere il sorriso, mi raccomando, no orecchini please, tatuaggi? roba da drogati, anzi da ubriachi, non da manager che spostano pedine su uno scacchiere manco fossimo numeri della tombola, magari una pista ogni tanto, che volete che sia, una pista no? è un vizio… e poi i drogati sono quelli in tivù che vanno a farsi processare no?
Ecco, appunto.
Sorrido e mi vedo, dall’altra parte di una scrivania, dall’altro lato di un ufficio spoglio, dove a stento filtra la luce da fuori. Anzi a vedere bene non filtra proprio. Neon
Io, cazzo, odio i neon.
Mi sorrido, dalla cazzo di scrivania. Per un momento penso come posso aver mai scelto un ufficio così merdoso, io avrei avuto un gusto ben diverso. Sorrido di rimando. Mi faccio accomodare, mi accomodo.
Per quale lavoro è il colloquio? Non lo so, in realtà non credo sia per un lavoro…. ah no si chiamano “colloqui conoscitivi”, quelli in cui devi cercare di gonfiarti il petto a più non posso, far capire quanto puoi essere indispensabile, palesare la capacità polmonare che hai di respirare tossine e digerire merda e sperare di essere abbastanza convincente in tutte queste fasi.
“Allora, vedo che è arrivato puntuale,bene” mi sto dicendo, cercando di darmi un tono.
Cazzo sì che arrivo puntuale, è un mio modo di essere, arrivare sempre dieci minuti prima, ho sempre avuto paura di perdermi qualcosa, in realtà son sempre stati dieci minuti gettati nel cesso, anzi venti, perchè solitamente mi fanno sempre aspettare. A volte penso “se non avessi buttato tutto sto tempo ad arrivare in anticipo”… ma così sono, poco da dire. Annuisco. “Si faccio della puntualità uno dei miei punti….”
“… non si preoccupi, la conosco MOLTO bene, non prendiamoci in giro… lei sa benissimo chi sono”
Cazzo sono io, dall’altra parte di una scrivania, se non fosse per il sorriso strafottente che in questo momento certamente io non ho direi di esser davanti ad uno specchio… cazzo se so chi è quello… lo so benissimo. Annuisco. E’ importante annuire, fa capire che stai seguendo, che sei d’accordo, cazzo, che ci sei, insomma.
“Bene allora possiamo parlare”.
“Allora possiamo parlare” penso… “Ma che cazzo vuole questo” penso… quando inizio a capire il perchè di tutto. Vuole un bilancio della situazione, vuole sapere a che punto sono, vuole sapere perchè sto rinunciando a vivermi, vuole chiedermi i perchè del cuore, il cazzo di cuore che cede come i nervi.
Annuisce e porta le mani congiunte sul naso, il suo naso, il mio naso. Cazzo leggere nella mente in un colloquio “di lavoro” non si fa, è scorretto, cazzo.
Dico che sono spaventato, che mi sento veramente a terra e che non so che pesci pigliare, dico che se è per il cuore mi farò controllare, che non sarà niente, sarà lo stress. Sì dico “Sarà lo stress”, infondo ci sta, infondo mi viene fatto sapere a spizzichi e mozzichi che ne sarà di me di giorno in giorno, infondo mi sono rassegnato ad attendere qualcosa che non credo arriverà mai, infondo è normale per chi continua ad inviare curriculum quotidiani senza cavare un ragno dal buco.
Scuote la testa, ma anche io scuoto la testa. “No non è tanto normale farsi venire gli attacchi d’ansia così”.
I miei dicono che sto troppo al pc, cazzo ci lavoro col pc, si ma cazzo non faccio abbastanza, cazzo non posso obbligare la gente ad assumermi. Mi dicono che tizio si sposa, organizzano cene di ex compagni di classe e gente vuol portare pargoli, mogli, mariti e mi dico “cazzo che bella cosa” ma altrettanto sotterranea si insinua la domanda “e tu?”.
Dall’altra parte della scrivania mi punto il dito contro “e tu?”. Ma io non ho mai ragionato la vita in termine di obbiettivi o di risultati da raggiungere entro una tale data… io ce la metto tutta, davvero, lo giuro, faccio i salti mortali col lavoro. Coi sentimenti ci posso fare ben poco se sono completamente preso da una situazione che sta facendo registrare un encefalogramma piatto… dico che è un punto di forza,il mio, quello di crederci sempre fino in fondo. Penso che i datori di lavoro apprezzino quando fai vedere quanto sei disposto a tenerti a cuore qualcosa.
Inarco un sopracciglio davanti a me, mi vedo giocherellare, come spesso faccio io, con una matita… so che mi sono convinto, so bene che non c’è altra strada.. in realtà non so quale sia la strada giusta, quella migliore, in realtà non vedo proprio strane, se non scadenze col lavoro, se non silenzi con lei, lunghi silenzi che non so più come colmare perchè tutto quello che potevo dire, tutto quello che dovevo dire… l’ho semplicemente detto… e non posso più fare niente.
Cerco conferme dall’altro capo della scrivania, mi annuisco, in maniera non molto convinta.
“Dovrebbe dormire un pò meglio, dovrebbe provare a rilassarsi un pò”
Annuisco, dovrei fare moltissime cose… mi mancano dei pezzi, mi manca qualcosa mentre vedo avvicinarsi i ventinove anni. Fino a pochi anni fa vedevo quelli della mia età, adesso, come “Grandi”… come gente che aveva ben chiari progetti, sogni, tracciati da percorrere… io mi vedo con una matita in mano a disegnare ghirigori su uno spazio bianco, cercando di riempire un vuoto che si ritraduce in una coperta troppo corta, come il mio piumone che mi scappa da sotto i piedi.
Allora rifaccio il letto, ogni santo giorno, allora mi rialzo, ogni giorno. Cerco di cambiare le cose, di farle spostare di un millimetro, cerco di vedere il micron guadagnato e non il centimetro perso
Mi guardo, mi guarda.
“Basta così… le faremo sapere”
“Le faremo sapere… faccia da cazzo… mi prendo pure per il culo… almeno quella non mi è mai mancata: la fottutissima autoironia”.