Io e la poesia.
Abbiamo sempre avuto un rapporto difficile. Nel senso che ancora oggi mi porto dietro gli strascichi di quel che successe al nostro primo incontro.
Come in tutte le cose, se una cosa parte con un certo piede, fatichi poi a recuperare la strada persa. Voglio dire, se conosci una persona per la prima volta e questa ti sputa in un occhio, ti ricorderai sempre, per quanto poi possa diventare la meglio cosa mai incontrata, che la prima volta che vi siete visti questa ti ha sputato in faccia.
Io e la poesia.
Lei mi ha decisamente sputato in faccia la prima volta.
Scuole elementari di Volpiano, elementari Gigi Ghirotti per la precisione. Mi sono sempre chiesto chi cazzarola fosse e anche adesso che sto scrivendo questa roba non ho la voglia di scrivere quel nome su Google per capire da dove arrivi il nome della mia ex scuola elementare.
Era una scuola old style, adesso l’hanno un pò ristrutturata, però le aule anche se imbiancate hanno lo stesso sapore di quando io ero piccolo, di quel pavimento particolare, d’altri tempi. Mi capita di tornarci ad ogni chiamata elettorale, vado a fare il presidente di seggio e trovo sempre una particolare presa bene al tornare in quelle aule.
Comunque siamo nella mia classe, io ero nella C se non ricordo male e la mia maestra era Arcangela. Arcangela praticamente era di quelle maestre vecchio stampo che ti facevano italiano matematica scienze storia geografia educazionefisica religione e ti tiravano i ceffoni se te li meritavi (una volta me ne tirò uno) e nessuno gli diceva che tirare un ceffone ad un bambino che se lo meritava doveva esser necessariamente un crimine contro l’umanità. Già perchè allora erano ancora gli anni in cui se una maestra sganassava un marmocchio tornavi a casa e i tuoi prima ti sganassavano pure loro e poi ti chiedevano “perchè?”. Ma non c’era ancora Barbara D’Urso che si scandalizzava in tv e tutte queste storie trash per cui dovrei scrivere qualcosa a parte apposta e qui si parla di altro, di poesia.
Siamo sempre nella mia classe e la maestra Arcangela ci da questa poesia, credo fosse Pascoli. Io la leggo e mi ricordo che subito da principio la trovai bella, oddio noiosa perchè non era come i libri, però insomma aveva un suo perchè.
E poi furono pronunciate le parole: “per la prossima volta me la dovete imparare a memoria”.
Bene, segnatevelo sui vostri taccuini: una delle cose che MENO piace fare a Marco Rossetti è imparare a memoria. Qualunque cosa. La mia testa di cazzo si rifiuta di ricordare a memoria le cose. Con questo non vuol dire che non mi riesca, tipo mi ricordo le password (dopo averle provate trenta volte) e mi ricordo tutto il mio codice fiscale (cosa di cui vado fierissimo sopratutto quando con malcelato ritegno lo snocciolo con sagacia).
Ma le poesie no.
Cioè cazzo no io non potevo, in terza elementare, imparare a memoria Pascoli, che pure mi stava simpatico, che fare la prosa delle poesie mi piaceva anche, lo giuro maestra Arcangela, anche se mi correggevi ogni fottutissima virgola con la biro rossa e io ti ringrazio ancora adesso se ogni volta che metto una virgola ti penso e faccio i periodi più ponderati dell’universo.
Insomma a casa i pianti, le tragedie, con mia madre che brandiva questo quaderno a righe (per Italiano il quaderno rigorosamente a righe) e mi diceva “su forza ripetimi sta poesia che allenare la mente fa bene”. Ma fa bene un paio di cazzi, ti fa scendere il latte alle ginocchia e fu così che mi presentai a scuola e successe ciò che sconvolse nel profondo la mia maestra.
Il giorno dopo, in aula, la maestra Arcangela interrogava sulla poesia. Ovviamente con chirurgica e spietata precisione andò a pescare il sottoscritto, che fece una declamazione ansiosa, completamente disinteressata e alienata, roba da futuristi forse, non roba da Marco Rossetti.
Trafelato mi sono quindi messo a sedere e la maestra guardandomi mi diede un “appena sufficiente”.
E fu lì che mi chiese: “Ma Marco sei bravo a scrivere, come mai così male questa poesia?”
e io: “Maestra, perchè io ODIO LA POESIA”.
Fu l’effetto, credo, per lei, di vedere un bambino prendere una pistola, uccidere una colomba bianca ed infierire pure sul cadavere.
Ci rimase parecchio, tanto che al colloquio dei genitori con mia madre ricordo che gli disse un “Marco mi ha detto di odiare la poesia”, come se stesse parlando di un potenziale serial killer da tenere sotto controllo.
Ok che io ci misi parecchia enfasi nella mia dichiarazione (sono stato patemico fin da piccolo, se portato all’esasperazione), però veramente io odiavo studiare le cose a memoria e per me la poesia, quel giorno, mi aveva sputato in un occhio, materializzandosi in quella serie di cose da imparare a memoria.
Ci furono altre poesie, altre interrogazioni, altri pianti a casa mentre Caterina cercava di convincermi che infondo faceva bene imparare quelle cose. Io volevo solo scrivere. Ma che me ne fregava di quelle robe da ripetere cento volte per stamparti nella mente. Non mi ricordo una sega di tutti quei versi imparati senza un perchè.
Ma questa è la storia del mio incontro con la poesia, di come poi imparai a conoscerla in altri modi, riscoprendola già alle scuole medie con l’Antologia di Spoon River. Mi piaceva di brutto quella raccolta di personaggi, la trovavo così evocativa, così a tratti malinconica e a tratti didascalica (allora non sapevo cosa volesse dire “didascalica”)… e allora ripresi anche poi tutti quelli che avevo così odiato, senza doverli studiare a memoria.
Ma lessi parecchia roba, nonostante avessi questa cosa per cui a sentir parlare di poesia mi si rizzavano (e in parte ancora si rizzano) i peli della schiena.
Niente da fare, quando qualcosa parte male è difficile levartela di dosso, quella sensazione.
E mai avrei pensato che sarei finito a scrivere canzoni, che alla fine sono una sorta di poesie, perchè quando poi mi dissero che qualche roba che avevo scritto sapeva di poesia io mi vergognavo parecchio, mi strideva quella cosa, non mi ci vedevo a vedere dei Marco Rossetti imparare a memoria qualcosa che avevo scritto, io carnefice di tanti piccoli me stesso, MAI!
Però ci ho fatto la pace, con la poesia.
E mi piace.
Sopratutto quella che ti parla, che ti racconta, che ti apre in poche parole un mondo.
Mi piace la poesia che sa di terra, quella legata alle cose concrete, non quella aulica, non l’esercizio di stile.
L’ho scoperta e apprezzata molto dopo.
Non fate imparare la poesia a memoria ai bimbi
fategliela respirare, sono più svegli e sensibili di quel che si possa pensare!