Allora premetto che io le recensioni dei ciddì proprio non le so fare. Nel senso che bisogna sempre citare mille gruppi, far vedere che ne sai un tot di musica e dimostrare che se non hai almeno 30cm di dimensione artistica non puoi scrivere una recensione.
Io non sono un superdotato e non scriverò mai pornorecensioni di ciddì, haimè. Però ci tengo a spendere un pò di parole su questo lavoro qui, di cui vi sto per parlare. Un pò per tanti motivi ma sopratutto perchè a me capita proprio di rado che qualche gruppo mi colpisca al punto da dire “oh però stimazzi che figatona sta roba qui”. Intendo sapete i gruppi emergenti no, cioè quelli che tutti dicono “emergenti” ma non si sa bene da cosa visto che in Italia fra le tante cose che vanno come una graziella arrugginita senza ruote c’è anche il panorama musicale.
Allora vi voglio parlare degli Aleph-Zero.
Gli Aleph-Zero hanno fatto un ciddì, che a me piace molto. Il loro ciddì si chiama come loro, Aleph-Zero, e loro sono in due, ovvero Emill e Letaz, ovvero una chitarra e una batteria, con una tastiera organetto a fare da terzo incomodo nel loro sound.
Gli Aleph-Zero o ti piacciono oppure ti schifano, non credo proprio ci siano vie di mezzo con loro, sapete i classici “ah si carino quel girettino lì” o “ah si ma da radical chic salverei la rullatina di batteria al minuto tre-e-sticazzi della traccia-ghost-demi-moore” allora no. Non funziona così con loro, loro o li ami o li odi e manco te li metti nelle orecchie.
Io ovviamente li amo perchè hanno fatto sto ciddì, ma li amavo anche prima, perchè capitò di sentirli live svariate volte. Mi ricordo che la prima volta fu al Padiglione Quattordici, in quel di Collegno. Io m’ero anche portato la macchina foto perchè a me piace anche fare foto ai concerti. Mi ricordo che arrivai bello prevenuto. Letaz lo conoscevo perchè l’avevo visto suonare con altre band della zona, in effetti ci andai perchè lui come batterista mi piace una cifra tipo “un giorno ci vorrei troppo suonare assieme”, però non credevo sinceramente sarei rimasto così impressionato da un duo chitarra-batteria, da quello che riuscivano a cavar fuori in due, semplicemente con sudore, riff e incastri che non badavano tanto ai fronzoli, quanto al colpirti in piena faccia.
E poi gli Aleph-Zero sono il gruppo di una coppia. Non nel senso di innamorati, che tipo non so li vedete andare in giro mano nella mano. No. Nel senso che li vedete suonare e capite subito che hanno gli occhi della tigre, presente? Quelli di Rocky. Però sono come vi dicevo innamorati di quello che fanno, di quello che in due riescono a creare. Ci son belle sensazioni, un bel feeling ed è una cosa rara, una cosa che chi suona (ma anche chi non suona credo) riesce a percepire.
Insomma ora vi ho fatto sto pippone preparatorio potrei anche provare a fare sta benedetta recensione del ciddì. Il loro ciddì in realtà è loro figlio. Domenica scorsa sono venuti qui nel covo del sottoscritto perchè a fare il mastering di tutto l’ambaradan ci ho pensato io. Mastering ovviamente non vuol dire che ho masterizzato i ciddì stile vu-cumprà, no vabbeh è una cosa troppo lunga da spiegare. Fatto sta che quando mi dissero, dopo qualche prova fatta così per testare come si potessero pompare i suoni, che volevano che mi occupassi io della finalizzazione dalla cosa, io mi sono sentito un pò come in quei film sul baseball che la stella della squadra si fa male al braccio nell’ultima battuta dell’ultimo inning allora alza la mazza e indica nella folla. E finisce che indica te e ti dice “questa la batti tu”.
Bella lì.
Quindi mi hanno indicato con la mazza e mi han detto “abbiamo bisogno di un calcio nelle palle” e io mi sono adoperato.
Sant’iddio c’è del masochismo in questa recensione, in realtà è tutto molto metaforico ve lo posso assicurare. Insomma Domenica Emill e Letaz erano davanti a sti brani con lo sguardo di chi vede il proprio figlio in culla fare i primi sorrisi. Che belle cose, mi sono preso benissimo e allora finisce che io mi sono passato poi tutta la giornata di oggi ad ascoltare il loro ciddì.
Che è una bomba ve lo posso assicurare. Ci hanno messo cuore e sudore, questi otto brani che scivolano lungo trentatrè minuti sono imperlati di goccioline di mesi passati a registrare, di live fatti sputando fuori tutto quel che c’era da sputare fuori e io trovo che sia davvero raro riuscire ad ascoltare lavori registrati che riescano a rendere l’impatto fisico che certi gruppi hanno anche dal vivo. Gli Aleph ci sono riusciti alla grande.
Il loro ciddì per me è come una corsa a perdifiato nel buio degli anni duemila, sono una bestia indefinita che si lancia contro il vento con battiti del cuore scanditi dalla cassa di Letaz, mentra la chitarra di Emill sottolina gli stati emotivi della “creatura”. Ora feroce, ora nostalgica e malinconica, ora quasi scherzosamente beffarda e cinica verso i lampi di luce che descrivono le scene evocate da questi trentatrè minuti intensi e pulsanti.
un-due-tre-quattro e si parte nella sfrenata corsa con “il ritorno dei ragazzi”, travolgente crescendo che ti trascina direttamente nell’universo Aleph-Zero fino alle urla finali che non vogliono lasciarti scampo: devi tenere il passo e devi seguirli, perchè non puoi stare indietro, non puoi perderti. flash e con “panda 49” ci troviamo a cercare inutilmente di trovare un’andatura regolare nella nostra sfrenata corsa ad inseguimento, loro ti prendono e ti mollano, i riff di chitarra ora ti incalzano e ora ti lasciano l’illusione di un respiro a rifiatare con i delay che richiamano scenari quasi post atomici, ma il cuore-cassa pulsa e ti ricorda che ci sei, che ci devi essere.
“sbottle / tv is their bible” è la prima di un’inanellata di atmosfere divise ma unite da una sottile linea rossa, vieni sempre portato a fondo nel percorso ad incastri quasi un pò claustrofobico, che però quando sembra chiuderti si apre in atmosfere aperte e spaziose, ancora il delay che Emill usa con una bella personalità costruisce atmosfere e architetture tenute su e cementate dalla batteria.
“tropical party / intersexual josè” si apre quasi come un inno nazionale della personalissima dimensione del duo fino a scrivere un dissonante finale che suona molto come uno sprofondare in un momento cupo, quasi malato e disturbante, dove organetto e chitarre stridenti rallentano lasciandoti lì in sospeso.
“mouth full of skulls” è uno dei brani che mi piacciono di molto, sembrerebbe scritta, a partire dall’intro, per un qualche film di Lynch. Negli Aleph-Zero questa dimensione cinematografica la colgo tantissimo, dicono di ispirarsi a Tarantino, io dico che ci si possono trovare mille influenze. Ogni pezzo ti fa immaginare scene e luoghi. A me fa correre e la corsa continua, con un perenne senso di rincorsa.
“Tetris / southern widow” torna dinuovo a giocare sugli incastri malati e quasi dissonanti di una dimensione introspettiva, qui sì ricordano un pò quel “pigreco teorema del delirio” di Aronofsky da cui, se ho capito bene, hanno preso spunto per il nome (ma non vorrei dirvi minchiate).
“Pearl #7 / the dawn of” è forse una delle mie preferite, stupendo l’inizio tarantolato e incalzante, anche qui non riesci a star fermo, ti viene voglia di prendere un cazzo di strumento e suonare, non puoi non seguire il ritmo della batteria mentre la chitarra costruisce il crescendo del brano per arrivare al finale struggente che quasi fa da preludio alla chiusura del ciddì.
“Le Roy / God” è il gran finale. un pezzaccio davvero. cazzarola, a me ci piace un fracco assieme anche ad altri del ciddì, però questo è il primo che mi è rimasto impresso. chitarrone iniziale con riffone malinconico, quasi a dirti “sei quasi arrivato, ce l’hai quasi fatta, poi potrai tornare a respirare”… è come il suono di campana all’ultimo giro di un diecimila metri su pista, senti la tensione crescere ma nel contempo una tranquillità che ti circonda e alla fine arrivi alla fine. ci arrivi e sei lì, il ciddì è finito e ti sembra di aver sudato con loro per tutti e trentatrè i minuti, magari hai anche un pò il fiatone e ti sei immaginato in testa tutti i riffacci tutti i colpi di cassa e tutto quanto.
Insomma questo è “Aleph-Zero” che poi è il ciddì degli Aleph-Zero, un ciddì che è stato fatto col cuore e con tanto impegno, un ciddì che trasuda sudore da ogni traccia, un ciddì che ti fa venire voglia di suonare, ovunque tu sia.
Se vi sentite pronti ad affrontare questa corsa contro il vento, assaporando mille odori e sensazioni. Andate QUI SOPRA e ascoltatevelo o scaricatevelo a gratis mettendo “0” come offerta, poi andate anche a uno dei concerti degli Aleph perchè loro vogliono sudare con voi.