Stoner ha colpito e lasciato il segno, un forte segno. Così come quasi sempre capita, parto alla caccia di altri libri dell’autore che mi ha stregato, a volte con fortuna a volte con risultati più fallimentari. Sono arrivato ad avere fra le mani “Augustus” con la forte aspettativa creata dall’altro libro di John Edward Williams, consapevole tuttavia che mi sarei trovato davanti ad un qualcosa ci completamente diverso, a partire dalle sue premesse.
Lo stile di Williams è, così come per “Stoner”, impeccabile: Agustus è un libro che sicuramente merita i premi, i riconoscimenti e il grande favore della critica, che è arrivato a definirlo l’opera “summa” dell’autore. Rimane purtroppo anche il “canto del cigno” di Williams, che non pubblicherà più nessun romanzo.
Se siete amanti della narrativa storica questo libro fa decisamente per voi. Williams si prende tutte le licenze che un’opera di finzione può concedergli e tramite una struttura di rapporti epistolari incrociati, arriva con un’impressionante abilità e dovizia di particolari a raccontare l’ascesa, la prosperità ed infine la morte di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, ai secoli il primo imperatore romano, che segnò il passaggio dal periodo repubblicano al principato.
Il ritratto dell’imperatore viene plasmato da Williams in maniera indiretta, facendo parlare tutto il mondo attorno al suo protagonista, definendolo quindi così come gli altri lo vedevano, lo percepivano. I nemici, gli amici, le mogli e la sua amata figlia Giulia; tutti contribuiscono a tracciare il profilo di un uomo che è anche specchio di un’epoca e di usi e costumi che appaiono così distanti ed incomprensibili se approcciati con la morale di oggi. Solo alla fine Williams lascerà la parola direttamente ad Augusto, un uomo ormai vecchio e stanco che cerca di porre ordine nei suoi ricordi, quasi dando al lettore la propria versione dei fatti, spogliandosi volutamente dell’aura divina conferitagli durante il suo impero.
Figlio adottivo di Giulio Cesare, si trova a diciannove anni a raccoglierne non solo la pesante eredità, ma tutto il complesso puzzle ad incastri della vita politica e militare della più grande potenza di allora: Roma. La storia di Augusto è quella di intrighi, di mosse politiche atte ad anteporre sempre e comunque il bene di Roma a qualsivoglia interesse personale, marcando così un netto distacco dalle politiche corrotte che avevan fatto sì che il Senato e la Politica si allontanassero dai cittadini.
Per molti versi è scioccante come il quadro che emerge abbia così tanti rimandi con i tempi moderni, come le riflessioni dei nemici, dei voltagabbana, degli opportunisti o degli amici sinceri, tanto ricordino dinamiche che possiamo trovare a portata di click in ogni istante delle nostre vite “moderne”.
Augustus è un’opera che fin dalle prime pagine fa percepire il peso della sua importanza, il peso di ciò che deve essere stato, per Williams, riuscire a portarla a termine con tale finezza. Non è una narrativa semplice, in molti punti il rischio di perdersi nei meandri della trama tessuta dagli incroci dei vari personaggi storici è ben più che alto, è decisamente concreto.
Ma dal mio punto di vista è anche affascinante, perché specchio di un’epoca. Williams si conferma quindi un maestro nel raccontare storie e nel raccontarle bene.
I venti e le piogge delle epoche sbriciolano anche la pietra più solida, e non c’è muraglia che possa essere eretta per proteggere il cuore umano dalla sua stessa debolezza.