Avete presente quando, a volte, nelle classi si verifica quel particolare fenomeno di connessione fra insegnante-studente per cui il primo arriva ad aspettarsi un certo standard dal secondo? “Certo è una cosa piuttosto normale”, direte voi. No. Io parlo esattamente di quel tipo di rapporto in cui il/la prof diventa un vero e proprio genitore aggiunto, con tante aspettative verso il proprio allievo da trascendere il puro esercizio professionale del rituale di voti, interrogazioni, eccetera eccetera.
Esattamente quella situazione che mi viene da chiamare “l’occhio del cercatore d’oro”: lo studente non è più solo uno studente, ma diventa una risorsa dietro la quale si scorge qualcosa di più.
Ecco. Il solito pippone preparatorio per spiegare il tipo di rapporto che mi lega a Chuck Palahniuk e perché questa raccolta di racconti, “Romance”, l’avrei sicuramente valutata diversamente se fosse stata scritta da qualsiasi altro autore.
Da Palahniuk io mi aspetto molto, mi sono sempre aspettato molto fin da quando ho preso in mano “Fight Club”, “Survivor”, “Invisible Monsters” e compagnia. Ho letto tutto di lui, ho seguito la sua evoluzione e, purtroppo, sto assistendo a quella che a mio giudizio da diverse uscite letterarie è diventata la sua involuzione.
Il punto bassissimo toccato con “Beautiful You” si riprende decisamente con “Romance”, che propone una serie di storie a chiaroscuri: a tratti alcune convincono, a tratti sembra di ritrovare fra le righe la genuinità della narrativa di Palahniuk, ma in molte altre situazioni emerge la “vena” dell’ultimo periodo; quella di un autore quasi in cerca di se stesso, che per ritrovarsi arriva ad imbastire una grottesca scimmiottatura del proprio “io” dei tempi andati.
È più forte di me. Mi rendo conto che se questa raccolta la considerassi il mio primo approccio all’autore, potrei anche trovarla interessante, con spunti “hardcore” forzati senza troppi motivi, senza quel contesto con cui lui è sempre stato abile nel rivestire le proprie storie, rendendole vivide, credibili.
Palahniuk è quello studente-pepita-d’oro che ha smesso di essere pepita d’oro, è come se la vena si fosse esaurita e cercasse in tutti i modi di tornare ai fasti di un tempo senza riuscirci, forse convinto di farlo nella sua testa. Sono molto critico non perché “Romance” sia un libro brutto, pesante, che non si fa leggere, sono molto critico perché da Chuck ci si aspetta di più, molto di più.
È come ad assistere al tramonto di una rockstar, che continua a scrivere canzoni con gli stessi accordi sperando che la formula continui a funzionare, sperando che bastino quelli a far tornare la magia dei tempi andati.