Questo libro mi è stato buttato lì con la seguente presentazione: “io non l’ho letto eh, ma dicono faccia morire dal ridere”. Al che dopo aver ponderato (neanche troppo) la cosa, mi son detto che una ventata di leggerezza dopo Suttree di McCarthy poteva anche starci. Ed in effetti il libro di Lewis è “leggero”, si fa leggere e divorare senza fatica; unico dettaglio: a me non ha fatto morire dal ridere.
Beninteso non è una critica, anzi. Nella prefazione Terry Pratchett calca parecchio l’accento sull’aspetto umoristico del romanzo, oltre al sottolineare come possa trattarsi di un genere di lettura “di nicchia”, di quelle che si tramandano (proprio come è arrivata a me) più con il passaparola che con la canonica promozione letteraria (canale di cui comunque non sarei un teste affidabile, visto che me ne frego abbastanza!).
Il punto è che più che ridere ho trovato molti molti molti spunti di riflessione in questa storia che ha tutti gli aspetti di una pièce teatrale, con tanto di aspetto “drama” molto molto forte!
Il racconto parte dallo spunto narrativo in prima persona di Ernest. Chi è Ernest? Uno dei figli di Edward. E chi cazzarola è Edward? Semplicemente il più grande uomo scimmia del Pleistocene: il protagonista! Con al centro delle vicende la famiglia di ominidi di cui Edward è il capo famiglia o capo branco, il libro racconta la sua storia, quella di un genio dell’epoca, alla costante ricerca della chiave di evoluzione della propria specie, al fine di rendere migliore la vita dei suoi simili e di consentirne la sopravvivenza finale.
Il periodo è quindi quello del Pleistocene (ma dai!?), in cui le scimmie si affrancano dalla vita sugli alberi e iniziano a raggrupparsi in “orde” di raccoglitori, rimanendo costantemente fra i gradini più bassi della catena alimentare. Edward non ci sta e nel corso della sua vita cercherà ogni modo per aiutare la sua specie ad evolversi, con un piglio da disincantato inventore idealista che sarà la sua croce e delizia lungo tutto il libro.
Se Edward incarna l’evoluzione e lo spirito dell’evoluzionismo, il suo primo antagonista è suo fratello, lo Zio (dal punto di vista del narratore) Vania: un ominide che vive ai margini del gruppo, proprio perché vive e vede come un atteggiamento “contro natura” questa pretesa di voler scendere dagli alberi, iniziare a camminare in maniera eretta e avvalersi dei primi progressi tecnologici come la padronanza del fuoco.
Il libro mi è piaciuto, proprio perché in maniera leggera e nel complesso ironica, traspone tutti i dubbi e le certezze che da sempre hanno accompagnato l’umanità ed i suoi progressi, in un’epoca in cui anche piccolissime cose come l’imparare a cuocere la carne andavano a definire un solco epocale verso il passato. L’evoluzione intesa nel suo complesso come un qualcosa che può non sempre essere solo positiva, perché in grado di risvegliare nelle coscienze, anche nelle prime come potevano essere quelle di un gruppo di ominidi primitivi, quei sentimenti di egoistico opportunismo a cui siamo ormai ben tristemente abituati.
In sintesi un bel libro che mi sento di consigliare, si legge in un baleno!