Visto che non sono una brutta persona lo dico chiaro e forte fin da subito: potreste beccarvi degli spoiler. Dico “potreste” perché come da mia abitudine fin dalle elementari, quando scrivo, non mi metto troppo a rileggere tutto alla fine. Il pratica la questione è semplice: a) sono pigro e b) credo nello “stream of consciousness”. Ovviamente “b)” è una palese e becera scusa, al massimo posso ambire allo streaming violento.
Anyway in questa recensione ci sono due notizie, la prima è che ho trovato un libro di Stephen King che non mi sia granché piaciuto; la seconda è che proprio per questo motivo, probabilmente, verrò scomunicato a vita dalla mia amica Paolazzi, gran visir indefessa del King in questione.
Andiamo con ordine. Il libro. Partiamo con una metafora, io adoro le metafore e ne faccio di quelle che alla fine capisco solo io. Ho un problema particolare con la pasta al forno: fatico come un mulo a finirla se me ne presentano una fetta davanti al naso. Le ho provate tutte, anche a presentarmi ad un appuntamento con quel mattone compatto di roba praticamente con la fame della carestia medievale. Niente, nada. Mastico sti bocconi e son lì che mi domando se e quando riuscirò mai a finirla. Stessa cosa con “La metà oscura” (finalmente arriviamo al libro, direte voi!).
Sono un lettore abbastanza vorace ed affamato, ma sto libro ci ho messo praticamente UN MESE per portarlo alla fine. Come la cazzen di pasta al forno. Non mi è tornato qualcosa fin da subito: trama telefonatissima e scontata, il nostro protagonista-scrittore che da bambino rischia la vita e si ritrova in una situazione di merda quando ormai è sposato, con due figli. No, la situazione di merda non è né il matrimonio, né i due figli.
Il protagonista è Thad Beaumont. Già solo leggere duecento volte il nome “Thad” mi ha causato l’immagine mentale di uno che ogni volta ti sputa in un occhio pronunciandolo. Insomma Thad a undici anni inizia ad avere i problemi che hanno tutti gli undicenni. No, non sto parlando delle polluzioni notturne, bensì di fortissime emicranie accompagnate da allucinazioni uditive. Mmm ora che ci penso a undici anni avevo altri problemi. COMUNQUE. Senza rendersene conto partecipa alla “ruota della fortuna” e gli beccano giusto in tempo questa sorta di escrescenza-aka-tumore che tosto gli viene rimossa per riportarlo alla condizione di undicenne-con-normali-problemi-da-undicenne.
Ma, fermi tutti, il dottore che lo opera dichiara: “bella lì, ma guardate non era un tumore bensì un’accozzaglia di tessuti umani che han iniziato a crescergli in testa! Che storiaccia. Sapete cos’è sto coso? In pratica è il gemello mancato del piccolo Thaddeus!”
E qui, praticamente, sappiamo già cosa succederà, grazie di averci rovinato tutta la sorpresa dottorone, potevi fare come Burioni e dedicarti al no-vax-blasting? No. Evabeh sappiamo che alla fine non è colpa tua ma del buon Stephen.
Ecco, Stephen. Io lo sai che ti stimo e ti apprezzo, lo sai che spezzo sempre una lancia in tuo favore e baci abbracci volemose bene. Ecco. Ma perché minchia hai scritto un libro così? Così pieno di cliché stucchevoli che mi sembra di sfogliare uno di quei cataloghi postal market da cui da bambino ritagliavo le figure per incollarle a caso su fogli bianchi con la Coccoina?
Così pieno di digressioni inutili alla trama ma anche inutili ai fini del rendere un’ambientazione più vivida. Perché? Dai, cazzarola, qui ti becchi un votaccio.
Ebbene Thad lo ritroviamo adulto, sposato, con due figli gemelli (inserire qui coro di “ohh ma veramente!?”) e scrittore di successo grazie ad uno pseudonimo che si è inventato (vi ricorda qualcuno?): George Stark. Più precisamente lo troviamo nel momento esatto in cui lui e la moglie Liz si prestano ad un simpatico teatrino dove fanno il funerale del suo alter-ego. Thad si è stufato di vivere all’ombra della figura che lui stesso si è inventato (e che gli fa dubitare di sé stesso) e quindi coglie la palla al balzo: ormai stava per essere smascherato da una sorta di impiccione di professione e lui lo anticipa uscendo alla luce del sole e “uccidendo” George Stark.
Indovinate? Sta cosa fa materializzare Stark sul piano reale e da lì inizia la tiritera di omicidi, sangue, viulenza, scleri pesanti etc etc etc. Insomma Thad dovrà far fronte al suo gemello fantasma mentre tutto il mondo prima penserà che è lui ad andare in giro ad affettare i “nemici” di Stark (quelli che hanno spinto Thad a “uccidere” il suo alter ego narrativo), poi penserà che Thad oltre ad avere un nome da sputo in un occhio è anche difficile possa compiere omicidi mentre è controllato a vista da sceriffi, poliziotti e compagnia.
Insomma leggere sto libro è procedere a gattoni nel fango con la bocca aperta pensando “eviterò sicuramente tutti gli schizzi”.
Devo dire che nella seconda parte (quando se ne sono andati tre quarti di libro) un po’ ingrana, sembra quasi che la macchina-King riesca a ripartire. In realtà a mente fredda penso sia più che altro l’effetto-discesa, quindi il libro si chiude un po’ con l’inerzia che la fisica ci riesce a spiegare così bene.
In chiusura so benissimo che dopo tutto ciò la mia già citata amica Paolazzi emetterà una bolla papale di scomunica per direttissima, sarò un po’ come Demi Moore ne “La Lettera Scarlatta”, ma senza tutti quei tradimenti. Dovete sapere che Paolazzi è così maledettamente integralista che se le dici che stai leggendo i libri di King non in ordine cronologico, quindi secondo la data di pubblicazione, ha reazioni più caustiche di una graffiata di unghie sulla lavagna. Quindi niente, dopo questa sarò marchiato ma spero di poter leggere ancora altro del buon King.
Stephen però mi raccomando, libri belli. Meno luoghi comuni, meno personaggi costruiti su etichette posticce, altrimenti dopo la scomunica qui faccio la fine di Giordano Bruno!