Per la premiata e fortunata serie “distopia portami via”, non poteva non stuzzicare il mio appetito questo libro che fin dall’inizio aveva tutte le carte in regola per rivelarsi un maledetto succhia-ore-mangia-pagine. Ricordo di essere passato qualcosa come millemila volte davanti alla sua copertina, gironzolando per librerie nel corso degli ultimi anni. BUT (maiuscolo, è importante): non avevo la benché minima idea di cosa parlasse il libro, né ero forse nella mia fase “distopia portami via”, appunto.
Inciampo nell’e-book e mi ricordo tutto, il disegno stilizzato della ragazza con un machete insanguinato, il fatto che l’autore fosse un giapu, il fatto che sotto sotto sia sempre stato attratto dalla cosa, senza mai approfondire. Quindi BAM, impossessiamoci del libro e iniziamo a leggerlo (perché sto parlando al plurale? NO CLUE).
Gli scrittori Giapu mi fanno sempre un effetto particolare; innanzitutto sono strani, ma strani forte. Sicuramente si vede e sente il gap culturale che c’è fra un occidentale come il sottoscritto e un qualsivoglia orientale, con fisse per certi dettagli che ai miei occhi sembrano strane per non dire morbose, per non dire “WTF?”. Questa cosa mi è capitata sempre, con Murakami, con Yoshimoto e adesso con Takami. Nota nella nota: con “gap culturale” non intendo minimamente sottendere che i Giapu siano sottosviluppati e noi occidentali (famosi per esportare democrazia e malattie veneree) nel giusto eh. Semplicemente molte cose vengono intese e interpretate su piani differenti. Chiusa la nota. Proseguo in pace.
Battle Royale presenta alcune difficoltà di lettura. In primis è scritto da un Giapu (ma va?) e quindi troverete una fraccata di affermazioni e contesti che sentirete un po’ stridere per il motivo di cui sopra. Il secondo motivo sono i nomi. Sti cazzen di nomi giapponesi sembrano tutti uguali e visto che in ballo ci sono ben QUARANTADUE personaggi più tutti gli altri di contorno, alla fine del libro uno si è fatto un’indigestione tale di “k” e “h” e “taka-kuo-shi-sho” che addio proprio.
La sinossi è presto detta: in un ipotetico Giappone assoggettato ad un regime dittatoriale, il go-go-go-governo prima abolisce la leva obbligatoria (coro di “yeahhhhh”) e poi decide che ogni anno, a caso, per ogni distretto scolastico della nazione, debba essere scelta una classe di terza media per partecipare alla Battle Royale. Cos’è una Battle Royale? Semplice: “n” studenti, un’area di “gioco”, armi a volontà e l’obbligo di ammazzarsi a vicenda finché non ne rimane solo uno in piedi (coro di “uhhhhhh” e improvvisamente la leva obbligatoria non suona più così una merda).
Tutto il libro è quindi incentrato su quarantadue ragazzi delle medie, che vengono fiondati su quest’isola a caso e per imposizione del go-go-go-governo devono farsi la pelle l’un l’altro. Le sfumature de “Il signore delle Mosche” e “La lunga marcia” si sentono fortissimo in una storia che buttata lì in maniera nuda e cruda, come ho appena fatto, pare non promettere granché, ma invece alla fine (e un po’ a sorpresa) a me è riuscita a rapire e a far divorare le pagine con un notevole presobenismo.
Ho sopratutto apprezzato il tentativo di calcare la mano e sottolineare le reazioni psicologiche dei ragazzi e delle ragazze davanti al “gioco”, davanti quindi alla prospettiva di una situazione potenziale di un “tutti contro tutti” che mettesse un “punto e a capo” a tutte le relazioni normali che intercorrevano fra i protagonisti. Cosa non mi è piaciuto? La narrativa in alcuni punti sembra proporre delle dinamiche un po’ ripetitive, diversi personaggi si comportano e atteggiano in maniera decisamente poco credibile per dei ragazzini di quindici anni (alcuni con dei background dietro da far impallidire il telefono azzurro, insomma sticazzi dai!).
Insomma a giochi fatti in una realtà in cui siamo pieni di robe alla “hunger games”, questo “Battle Royale” handmade negli anni ’90 ha forti tinte pulp con il contorno splatter dei giusti e quel tocco di psicologia malata che solo i giapu sanno dare/fare/baciare/lettera/testamento.
Volutamente evito di dire altro sulla trama, perché non sono di quella brutta razza di persone che fanno spoiler meritandosi così di diritto un posto all’inferno; libro si guadagna la pagnotta e io sono ancora qui a chiedermi cosa potrebbe essere mai successo “dopo”.
Il mio problema con gli autori giapu è che sono dei pazzi furiosi o mi fanno venire l’ansia oppure tutte e due le cose. Battle Royale, comunque è una figata proprio per tutte e due le cose!