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22 Marzo 2018
Richard K. Morgan – Bay City

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Richard K. Morgan – Bay City

Come vi suona la faccenda se vi spiattellassero davanti agli occhi certe premesse? State a sentire: in un’ambientazione spiccatamente cyberpunk, un ex combattente super specializzato, una sorta di Rambo appartenente all’esercito dei Rambo, viene tirato in ballo da un’altro pianeta, un’altra galassia, per investigare e risolvere il caso per conto di un riccone.

Posso sentire da qui la sensazione di spalle che si alzano, smorfie che si mascherano magari dietro ad una mano alzata a soffocare un mezzo sbadiglio. Nessun problema, ci sono passato anche io. Insomma per Richard K. Morgan la strada per conquistarsi la fiducia letteraria pare partire in salita al 10%, su sterrato, sotto la pioggia. E invece bastano poi poche pagine per capire che non vinci il premio Philip K. Dick proprio per caso o con la più classica delle botte di culo, e che non partono a testa bassissima a fare una serie Netflix (Altered Carbon) sul tuo romanzo, che comunque nonostante tutto rimane insindacabilmente “er mejo der Colosseo”.

Morgan esibisce fin da subito tutto il suo arsenale e ci proietta in un futuro in cui il genere umano ha ormai abbattuto i confini dello spazio, del tempo e anche della morte. Ogni corpo diventa infatti una “custodia” intercambiabile, perché l’essenza digitale di ogni essere viene immagazzinata in una pila corticale che consente il trasferimento ad libidum nei secoli dei secoli amen. Qui preciso la cosa che mi che mi ha fatto ridere fortissimo, perché per tutto il libro ogni volta che scrivevano “custodia” a me veniva in mente il guscio per telecomando Meliconi, vi ricordate? Quello che nella pubblicità facevano rimbalzare tipo pallina da tennis.

Allora ecco che entra in ballo Takeshi Kovacs, condannato a svariati secoli di immagazzinamento (no prigioni qui, ti levano dal corpo e buttano il tuo io-digitale su tipo server farm, che se ti capita di essere in quella di Aruba quando prende fuoco son cazzi tuoi), che viene tirato fuori dalla ghiacciaia da Laurens Bancroft. Laurens Bancroft fa parte dei cosiddetti “Mat”, ovvero un’élite di esseri umani diventati così schifosamente ricchi da potersi permettere clonazioni a go-go del proprio corpo e del proprio “io digitale”, perché come diceva quella famosa pubblicità progresso sull’utilizzo di CTRL+S: “God Saves”.

Kovacs faceva parte pure lui di un’élite, ma di figli di puttana fotonici, programmati per azzerare qualsiasi tipo di reazione chimico/fisico/tattica che non fosse quella di fare la guerra, usare a proprio vantaggio qualsiasi cosa e, in definitiva, andare a combattere in altre custodie le guerre per gli altri. Con grande fantasia questa squadra di boyscout from hell l’han chiamata “Il Corpo”, mentre i vari asceti della viulenza “Spedi” (che finalmente dal libro si capisce perché li chiamino così, perché questi venivano spediti nel proprio io-digitale su altri pianeti per andare a fare danni).

Mi fermo qui, non dirò altro, perché il libro merita esser letto, perché è sostanzialmente molto diverso, rispetto alla serie, sopratutto nelle motivazioni e nella caratterizzazione del protagonista-Kovacs. Il plot è quello di un noir-thriller-giallo davvero ben ordito e orchestrato da Morgan, che nel raccontare le vicende fa anche quella cosa che io apprezzo fortissimo negli autori che scrivono storie fantastiche (nel senso di fantasia): definisce un mondo, un universo verosimile.
Già perché nel libro più volte spuntano dettagli di quelli che sono i colori, i contorni e i confini del grigio mondo-cyberpunk che va a delinearsi, e lo fanno con un’accuratezza notevole, quella precisa e metodica connotazione tipica di chi si è ben immaginato e preparato il terreno su cui stendere il proprio intreccio narrativo.

Tanti punti per te quindi Richard K. Morgan, tanti punti quanti me ne tirano sempre dietro i cassieri della Coop. Mi hai convinto ad andare oltre e proseguire con la trilogia dedicata al tuo Kovacs.

E ora chiudiamo con una riflessione ad effetto: perché tutti sti scrittori di fantascienza hanno la “K.” nel loro nome? È importante? C’entra qualcosa? Necessitiamo di andare a rompere le palle ad uno Spedi immagazzinato per scoprirlo? E se sì quale custodia-Meliconi sarà la più indicata per scoprire il mistero?

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