Eccoci a bombissima sul secondo capitolo della saga, trilogia, ossessione, feticcio personale, libri che avrei potuto condensare in uno e invece no, di Jeff VanderMeer: Autorità. Come già detto, “Annientamento” nonostante il ritmo lento era riuscito alla fine a conquistarmi. Un po’ perché forse ad ogni mossa della Biologa la mia deformazione di immaginario la portava ad avere le sembianze di Natalie Portman (maledizione!), un po’ perché al netto di tutto, c’erano belle premesse che speravo, contavo, vedere sviluppate qui, su “Autorità”.
Di “Annientamento”, però, questo libro riesce a portarsi dietro solo la lentezza esasperante, accompagnata dalla certezza che si sarebbe potuto scrivere lo stesso racconto utilizzando meno parole, meno tempi morti e meno pagine, cosa di cui la Foresta Amazzonica forse sarebbe stata grata “nei secoli dei secoli amen” al buon VanderMeer. VanderMeer, cavolo. Un cognome così olandese che ti viene da pensare che il famoso guardiano del faro presente nei libri possa essere tu, Capitan Findus che doni ai tuoi personaggi una logorrea mentale tale da sospettare che sotto sotto ci possa essere un trucco. Non so. Un lassativo per le sinapsi?
Ma sto divagando, proprio come il protagonista di “Autorità” è abituato a fare, almeno fino a poche pagine dalla fine del libro. Presente l’Area X? Ecco questa volta ci spostiamo davanti al suo confine, per la precisione alla Southern Reach, la famosa roccaforte mezzo militar-governativa piazzata a guardia, controllo, base di partenza per tutto. Tutto cosa? Le famose spedizioni di cui dal libro precedente abbiamo potuto ammirare un esempio. John Rodriguez viene inviato per direttissima a prendere in mano la direzione della struttura. Perché? Perché è nell’ordine a) un po’ raccomandato, b) parecchio strano, c) un pippaiolo mentale di quelli da premio nobel.
Il buon John, giusto per confermarci subitissimo il punto “b”, ci spiega asappissimo che vuole essere chiamato “Controllo”, non mancando di far partire una sega mentale clamorosa sui perché e sui percome di questa sua fissazione. Il libro quindi procede fra vari “fottesega”, “esticazzi” e prosaici “macheccosa!?”, rivelando però di tanto in tanto dei dettagli interessanti sulla questione “Area X”, sulla questione “Esistenza della gggenteeee” e, sul finale, sulla storia in generale, che dovrebbe ricollegarsi al filone del libro precedente.
E in effetti i collegamenti, senza voler fare lo spocchioso motherfucker, ci sono eccome, anche se vengono tirati così per le lunghe che la scia a cui ci si aggrappa è quella della bava emessa da due lumache in un contest di velocità sui 100m piani.
Ma per quanto stracciacazzi, una scia è sempre una scia e oggettivamente VanderMeer è bravo a imbastire quelle sue frasi così cariche, in molti casi, di significati allegorici applicabilissimi ad un contesto più reale e meno finzionale.
In definitiva: leggerò l’ultimo libro della saga, questo è stato un po’ troppo incentrato sulla “politica” della situazione “Area X” che sulle sue ragioni/evoluzioni, so già che mi aspetterà una gara di lumache, questa volta sugli 800m, però.