Una lunga assenza dallo scrivere qualche recensione. Un’assenza che però non si ritraduce in un improbabile “blocco del lettore”, anzi, diversi libri che forse mi prenderò la briga di recuperare mi han guidato in un certo qual modo a questa copertina. Cercavo il libro di Lansing sulla spedizione della “Endurance” di Shackleton e mi sono imbattuto in “Endurance” di Scott Kelly, l’uomo che ha passato un anno sulla Stazione Spaziale Internazionale condividendo dei mesi di soggiorno sparaflesciospaziale con la “nostra” Samantha Cristoforetti.
Perché “nostra” virgolettato? Perché non mi piace l’aggettivo possessivo, sopratutto se riferito agli esseri umani, ma non trovavo un modo più immediato per evitare un pippone mega galattico (che comunque, lo so, farò presto) che potesse esprimere il grandissimo senso di orgoglio che mi ha dato seguire le sue peripezie prima, durante e dopo, con questo libro, di una mia connazionale.
Aggettivi per questo lunghissimo resoconto? Coinvolgente, pacato e gentile. Ecco. Sopratutto gentile. Non so se sia un qualcosa tipo virus alieno che si insinua nelle persone dopo che sono state nello spazio, ma anche nel libro di Kelly emerge fortissimo questo senso di gentilezza che permea non tanto le situazioni che vengono raccontante, quanto il come vengono esposte. Ad un lettore superficiale potrebbe apparire quasi una sorta di netiquette applicata in maniera posticcia tipo baffi finti, in realtà ci sono tantissimi piccoli indizi che fanno capire la genuinità del sentimento di condivisione che si annida in ogni paragrafo.
Sapete perché la gentilezza è disarmante? Perché quasi mai è ostentata (non lo è sicuramente nel caso del resoconto di AstroSamantha) e non lascia alcun tipo di appiglio allo sport nazionale del momento: la polemica sempre-e-comunque cercata come propellente per spedire le nostre pseudo opinioni in un’orbita infinita attorno al pianeta chittesencula. Per me questa piccola cosa ha un valore enorme. Enorme tipo che se allargate le braccia (fatelo) non è sufficiente. E poi parliamo del secondo grosso scoglio che avevo riguardo all’aprire questo libro.
AstroSamantha è una ingegnera. Damn it! Ora. Niente contro gli ingegneri, sempre siano lodati per il loro modo di risolverci tanti piccoli problemi e inventare tante grandi cose, MA, ahimè, gran parte degli “ing” che conosco hanno una testa così dura che potresti fare il filo ad un diamante. Senza voler andare approfonditamente a indagare le capacità comunicative e la verve narrativa tipo “lettura dei numeri di telefono della provincia di Milano partendo dalla B di Brambilla, seguendo l’ordine della sequenza di Fibonacci”.
Esaurita in una frase la mia dose di qualunquismo quotidiano, vi dico asappissimo che AstroSamantha ha scritto un libro che non solo comunica bene ma ti rapisce letteralmente lasciandoti giusto il tempo di prendere il fon-da-men-ta-le asciugamano. Se non sapete di cosa sto parlando avete una vita da lettori un po’ più triste della media (cosa cui si può sempre rimediare affidandovi al buon Douglas Adams!). Le pagine scorrono veloci e la bellissima sensazione è quella di una persona che ti sta raccontando della sua vita, della sua passione, senza mettersi su un piedistallo, ma cercando di farti capire con parole semplici cosa questo abbia significato per lei. Scusate se è poco. Anche qui: gentilezza e voglia di raccontare senza porsi necessariamente come un modello, senza vestirsi di un’auto-incensata aura di eccezionalità, piuttosto ricordandosi e ricordandoci che le componenti per poter realizzare i propri obiettivi sono tante, molteplici e che comunque alla fine ci va sempre un bel po’ di culo!
AstroSamantha ci racconta le tante piccole tesserine del domino che l’han portata da pilotare un caccia militare al finire, diversi anni dopo, come ingegnera di volo sulla Soyuz che l’avrebbe portata sulla ISS. Lo fa pacatamente e senza sbandierarci in faccia il fatto che anche non fosse andata nello spazio sarebbe comunque stata un essere umano ed una donna straordinaria, in grado di divorare con curiosità tutte le esperienze e le possibilità che la vita le ha saputo (e le saprà) mettere davanti. Sapendo, tuttavia, anche essere artefice del proprio destino e, ove possibile, della propria fortuna. Perché se a diciotto anni dici “voglio fare l’astronauta” e inizi a studiare il russo per conto tuo, hai sicuramente già le idee chiare su quale benzina tu debba mettere in un motore che speri si possa accendere e andare nella direzione giusta!
Scott Kelly nel suo libro parla molto dei suoi compagni di spedizione e proprio per AstroSamantha ha delle parole emblematiche: quelle di una personalità presente e attiva nel cercare di superare i momenti di criticità con spirito di iniziativa, condivisione ed inclusione. Ecco. Mi ha fatto molto piacere riscontrare questo spirito nelle righe del suo libro, un libro con cui non si preoccupa minimamente di dare delle risposte importanti alla vita, all’universo e a tutto quanto.
Anche perché la risposta esiste già ed è 42