Ripongo il libro nella sua “copertina avvolgente”. Insomma, avete capito, quella roba che fa da contorno alla copertina rigida dei libri. L’avevo levata perché non volevo rovinarla. Perché questo è un libro che mi è stato regalato e perché ormai l’evento di sfogliare delle pagine vere, senza pigiare sul Kindle, è un evento così più unico che raro che ci tengo a tenerli bene, i libri.
Mi sono preso una pausa dalle letture, complice la misantropia dei viaggi in treno in modalità “carro di bestiame” che poco ti fan prendere bene all’idea di tirar fuori qualcosa da leggere facendo a gomitate, e un atavico mal di testa dal quale con mio grande disappunto non è nata nessuna dea Atena. Però ad ogni ritorno a casa vedevo gli occhi di Carola Rackete, su quella copertina, che mi fissavano in placida attesa. Loro lo sapevano, io lo sapevo, lo sapevamo entrambi: era solo questione di tempo prima che prendessi in mano la situazione e mi calassi in una lettura dall’odore di attualità.
Spoiler number one: il libro mi è piaciuto. Parecchio. Anzi penso di forzare fin un po’ la mano a volerne scrivere così, di getto, a poche ore dalla sua ultima pagina sfogliata. Pochi minuti dalla famosa “copertina avvolgente” riposizionata a dovere in maniera tecnico-tattica. Mi frullano nella testa diversi concetti e diverse considerazioni che immagino ci metteranno un po’ a sedimentare.
Spoiler number two: se pensate sia un libro incentrato tutto sull’affaire Sea Watch e sui perché e percome della rava e della fava, ho una brutta notizia per voi. Il libro parla decisamente di altro, perché Carola Rackete ha decisamente altro di cui parlare. Non che ciò che ha fatto per le persone portate in salvo da lei e il suo equipaggio non sia importante, ma fin dalle prime pagine si capisce che quell’evento non è altro che una diretta conseguenza di tutta una serie di valori, considerazioni, e prospettive che una donna come lei è arrivata prima ad interiorizzare e poi a mettere in pratica nella vita di ogni giorno.
Dalle sporadiche interviste che avevo avuto modo di vedere in giro per l’universo esteso degli Stati Uniti dei Media, mi ero fatto di lei un’idea di una persona con un background veramente solido dietro le sue spalle, per quel principio universale secondo il quale tutti quanti, magari, dovremmo evitare di fermarci alle solite considerazioni da contest “gara di chi sputa più lungo”.
Nel libro Carola ci racconta come il timone della Sea Watch sia solo uno dei tanti atti di una vita dedicata a costruire una coscienza di sé e di ciò che l’han circondata e la circondano. Scoperte che dal piano personale si collocano quasi nell’immediato in un contesto più ampio e macroscopico, corroborato da una lucida ed interessante analisi del sistema-mondo in un abbraccio tout-court che va dall’economia alle politiche sociali alle prospettive di crescita e all’ecosostenibilità.
Il tono con cui il libro mette davanti ai nostri occhi le sue ragioni non è quello di chi si erge su un piedistallo per impartire la sua lezioncina da maestrina, ma quello di chi ha toccato con mano, visto e realizzato cose che sente di dover condividere, perché crede in una precisa causa e perché crede fermamente che questa causa vada portata avanti e abbia dei proseliti. Proprio per questo Carola e le sue considerazioni certamente indicano una via, ma più che altro smuovono la coscienza, ti fanno pensare che alla fine di queste cento-qualcosa pagine la sensazione strana che ti rimane sullo stomaco decisamente non può essere la peperonata del giorno prima.
È un libro asciutto, diretto, che non fa sconti sui concetti che vuole esprimere e che vuole che tu prenda una posizione.
Piccola postilla finale: dopo la lettura la mia stima per l’umanità e il valore di Carola Rackete non restano immutati ma, anzi, fanno uno passo in avanti verso il livello “persone che nella loro semplice grandezza mai ostentata, ti fanno sentire piccolo”. Una ragazza che abbia vissuto le esperienze che ha vissuto lei, visto le situazioni che ha avuto modo di vedere, non si meriterebbe mai di finire su un banco degli imputati solo per aver salvato delle vite umane. Non si meriterebbe mai venir giudicata da personaggi del teatro degli orrori della politica nostrana.
Non si meriterebbe mai venir attaccata da persone che sanno semplicemente coltivare odio e frustrazione, davanti ad una persona che è semplicemente pronta a rimboccarsi le maniche affinché tutto possa cambiare per un bene comune.