Ho mancato il mio appuntamento con la lettura di un libro da veramente troppi, troppi mesi. Ho lasciato che scorresse una quantità decisamente spropositata di acqua sotto i ponti, il problema di fondo, però, è che i ponti non c’erano più. Ho dovuto ricostruirli. E per quanto sia uno con la testa dura, per certe cose i miei tempi di “pars costruens” sono lunghi. Tipo quelli della Salerno – Reggio, per capirci.
Una parte di me voleva assolutamente tornare a leggere, mentre l’altra parte continuava a ricordarmi che per farlo bisognava prima metterci la testa necessaria, l’attenzione e la dedizione che un libro, qualsiasi libro, si merita a prescindere. Anche quelli che alla fine chiudi l’ultima pagina e ti verrebbe voglia di grattugiarti il cervello con della carta vetro.
E poi è arrivato il momento, quello giusto, quello per tornare ad abbandonare tutto per immergersi in una storia, anzi, in più storie. Ok volevo andare sul sicuro, quindi la scelta di Gaiman e delle sue “Cose Fragili” più che un azzardo è stata una voglia di riprendere da quelle certezze che solo pochi autori riescono a darti in termini di sicurezze sul “come andrà a finire”. Una raccolta di storie che fotografano perfettamente tutto quello che Gaiman è come autore, come narratore e, sopratutto, come creatore di mondi e dimensioni che vanno a stuzzicare la parte di ognuno di noi che ha ancora voglia di sentire quelle storie che da bambini ci facevano stupire, emozionare, incuriosire.
Gaiman ha sempre saputo, in ogni suo libro che mi è passato fra le mani, parlare tanto alla parte infantile di me, quanto a quella adulta, che si aspetta uno spettacolo sicuramente meno banale e più articolato per innescare la propria immaginazione. E il suo grande, grandissimo merito, è proprio quello dell’esserci sempre riuscito. Insomma non ha perso un colpo. I suoi racconti mischiano gli intrighi alla Conan Doyle e le oscure stranezze di un Lovecraft, servendole su un vassoio di racconti così belli, così fluidi e coinvolgenti, che non ti viene altro che da chiedere se non “ancora, please”. Il fatto che alla fine del viaggio vada a ripescare il suo “Shadow Moon”, in un piccolo spin-off di quel libro meraviglioso che è “American Gods“, risulta essere la ciliegina sulla torta che fa chiudere il cerchio di una serie di racconti perfetti da essere letti sul treno, fra un viaggio e l’altro fra casa-lavoro-casa.
Ecco, l’altra bellezza di Gaiman è proprio questa, ritornare a farti percepire il valore del tempo da dedicare a questi piccoli, importantissimi, importantissimi momenti in cui ci sei tu, una bella storia da leggere e nient’altro se non i pensieri che sai ti accompagneranno nei giorni a seguire, quelli in cui la tua fantasia si lascerà trasportare nei racconti, affascinandosi per quanto siano belle, e fragili, queste cose piccole e meravigliose.