È da un po’ che non mi capita di scrivere qualche recensione. Direi un bel po’. Forse mi ha iniziato a pesare troppo il sedere o forse ho iniziato a prendere il rituale dello “scrivo qualche pensiero post lettura” un po’ troppo sul serio. Quel genere di seria autodeterminazione che nel mio caso rischia sempre di finire pericolosamente sull’orlo di innato senso del “devo farlo”, piuttosto che su quello del “alla fine mi piace farlo”.
Ecco. Però questo libro di Dave Eggers mi ha fatto un po’ smuovere. Come quasi tutti i libri di Dave Eggers, alla fine. E sapete perché? Perché a me piace, ma veramente tanto, la sua capacità di non rimanere seduto col culo spaparanzato sui comodi cuscini della propria identità narrativa. Gli piace mettersi in situazioni scomode, tirare fuori storie che sono un po’ più complesse e stratificate rispetto alla normalità di un facile cliché editoriale. Questo suo cercare costantemente degli angoli diversi da cui osservare le varie prospettive offerte dalla realtà, passando dal romanzo fiction classico alla biografia puntuale e pungente. Per questo mi son detto che avrei dovuto alzare un po’ anche io il mio culo e scrivere due righe su Zeitoun.
Abdulrahman Zeitoun non è un personaggio immaginario, non è un wannabe-fictional-character partorito dalla mente di uno scrittore per cercare di racchiudere queste o quelle qualità e difetti tale da renderlo verosimile. È un uomo reale, che è incappato, assieme alla sua famiglia, in una serie di eventi realmente avvenuti a margine delle distruzioni portate dall’uragano Kathrina nel 2005, a New Orleans.
Non immaginatevi un reportage o un libro dal taglio giornalistico, affatto. Immaginatevi piuttosto di immergervi nella vita di una famiglia, gli Zeitoun appunto, in cui si trovano tutte quelle contraddizioni spiccatamente americane come l’american dream al suo apice e l’innato senso di ghettizzazione sociale, culturale tenute strette dal pregiudizio etnico. Abdulrahman è un emigrato Siriano ben inserito nei meccanismi a stelle e strisce: impresario di una ditta di ristrutturazioni, proprietario di immobili, sposato con Kathy, un’americana che ha conosciuto dopo che questa aveva scelto di abbracciare la fede islamica e padre di tre figli. Zeitoun non è uno sciocco, né uno sprovveduto, bensì viene presentato come un uomo dedito al lavoro, consapevole che una parte di sé, per quanto abbia scelto di fare di New Orleans la propria “casa”, si sentirà sempre in allerta rispetto a tutti quegli altri cittadini che non riescono a considerarlo “di casa”.
L’uragano Kathrina non è un candelotto di dinamite lanciato sulla società. L’uragano Kathrina diventa semplicemente l’innesco per una situazione sociale e politica, un modo di intendere la “cosa pubblica”, profondamente radicato nella società americana. Zeitoun fa mettere al riparo la famiglia, rimane nella loro casa a New Orleans per poter controllare le proprietà, per poter dare una mano a chi, come lui, ha fatto la scelta magari neanche troppo consapevole di non rispondere agli inviti all’evacuazione. Quella che sembra essere una storia perfetta di salvatori e salvati, di “eroi” e “sopravvissuti”, con Abdulrahman che pagaia per le strade della città allagata offrendo dove possibile il suo aiuto, non ci mette molto a diventare, per il protagonista e per la sua famiglia con cui si teneva in contatto a distanza, un vero e proprio incubo.
Zeitoun viene prelevato da una pattuglia improvvisata, di quei bei mischioni fra guardia nazionale, forze locali e mercenari di forze private al soldo dello stato che solo nei migliori film con Schwarzenegger e Stallone. Solo che questo non è un film, è il post-Kathrina di una città regredita ad uno stato animale dove lo stato di diritto è completamente sospeso e si può finire in prigioni improvvisate a dormire per terra all’aperto e poi in carceri di massima sicurezza senza possibilità di appello. Di dialogo. Di processo. La cosa che colpisce è proprio la facilità con cui tutto questo accade, ed è accaduto, in una città di uno stato che si definisce “civile”.
Non voglio spoilerare altro, il libro merita sicuramente proprio perché alla narrazione puntuale dei fatti si unisce la capacità comprovata di Eggers nel confezionare una cronistoria coinvolgente che ti fa “entrare” nel suo racconto degli eventi e ti fa sentire sulla pelle lo spettro di emozioni che Zeitoun e Kathy si trovano a provare nei difficili giorni del pre, durante e post Kathrina.
Come chiudere se non dicendo che Eggers non sbaglia un colpo? E per chi legge il libro un consiglio: non fermatevi e guardate oltre. Per capire come l’eco di certe ferite possa diventare distruttivo.