
Io adoro Christopher Moore e lo adoro per svariate ragioni. Principalmente, tuttavia, per aver scritto quella roba super che è “Il Vangelo secondo Biff” e in seconda battuta per un tratto che contraddistingue qualsiasi cosa si trovi a produrre: lo scrivere come se gliene strasbattessero le palle di tutto e di tutti.
Se c’è una cosa che odio, nella vita, sono i ruffiani. Quelli che si relazionano con te solo ed unicamente cercando di proporti l’immagine di sé che pensano possa essere la versione migliore in grado di andarti a genio. Quelli che fanno diventare il significante il significato e non viceversa. Quelli che preferiscono avere duecentomila personalità diverse, da cambiare a seconda dell’occasione, piuttosto che avere una personalità. Ecco. Quelli.
E quelli, credetemi, esistono anche negli autori di contenuti. Qualsiasi tipo di contenuti. Nei libri sono quel tipo di scrittori che li spotti entro tre paragrafi che stanno cercando di farti un intorto letterario più simile ad una fellatio che ad una captatio benevolentiae di giustezza. Il nostro buon Moore, invece, se ne frega. Per citare “Il teatro degli orrori” lui “se ne frega di dio, se ne frega del demonio, se ne frega dei sacramenti e anche di te”. Lui ha una storia, un plot, molte volte bizzarro, che farcisce con un caleidoscopio di personaggi scritti con dei tratti fumettosi.
In sostanza l’amico Chris fin dalle prime righe ti urla in faccia “questa è la mia storia, questi sono i miei personaggi e questo è il mio modo di raccontarti la favola della buonanotte, se non ti piace puoi anche andare in quel posto che solitamente si trova in fondo a destra nei locali”. E questo io l’ho sempre apprezzato moltissimo e lo apprezzo, ancora una volta in questo suo “Mordimi!”.
“Mordimi!” è il sequel di “Suck!”, che racconta la sua personalissima saga vampiresca ambientata in quel di San Francisco. Ora, tolto che nel leggere questo ultimo capitolo della trilogia ho capito che punto primo: ma cazzo è una trilogia e punto secondo: merda, se è una trilogia allora non ho letto il primo libro, mentre mi convincevo ad ogni pagina che in fondo “va bene lo stessooooo”, mi sono fatto rapire dal ritmo narrativo di Moore.
Che è un ritmo incalzante, ti prende e ti porta nel suo mondo in cui ci metti veramente poco ad empatizzare con tutti i vari personaggi. È una grandissima festa narrativa in cui ad ogni pagina ti sfidano a bere un chupito e rimanere concentrato senza farti assorbire dalla lettura. Dove la storia è un tubo di Pringles appena aperte che non puoi far a meno di mangiare, che ogni tanto realizzi che mangiate così non possono essere molto salutari e per lo più ti domandi come goddamnit sia possibile abbiano creato quell’effetto uno-tira-l’altra. Insomma il libro scorre che è un piacere, la storia è molto divertente così come la caratterizzazione di tutti i personaggi, che sembrano fatti apposta per essere delle piccole icone-cult, senza avere la benché minima pretesa di esserlo.
Ve lo consiglio, ma non fate come me, partite dall’inizio.