Mannaggia. Mannaggia, mannaggia e mannaggia. Avete visto? Self control puro. Mica sproloquio gratuito. Mica “buttiamola in caciara tempo zero”. Niente parolacce, contare fino a dieci, due respiri profondi, col diaframma, e poi “mannaggia”. Chiaro, limpido, composto. Mentre dentro mi urla un incredibile “uat-te-facs Stephen!”. Ebbene sì caro lettore, lettrice o entità indefinita che ti ritrovi a leggere queste righe: il mio prologo è la classica dimostrazione che la terapia funziona e funziona benone anche quando ti ritrovi fra le mani un libro che, tu pensi, “l’ha scritto Stephen King, praticamente mettiamo la satisfaction in cassaforte” e invece no. Invece alla fine lo inizi, diteggi le pagine (le diteggio perché ho il Kindle, mica perché giro le pagine premendoci sopra fortissimo con le dita) e avanzamento dopo avanzamento ti inizi a fare dei quesiti filologici del tipo “Stefano! Ma sei veramente tu? Ma non è che sta roba l’ha scritta uno che ha vinto il primo premio al concorso di sosia di Stephen King dopo essersi preso una tazza di thé allungata con un energy drink assieme al buon vecchio Vladimir Propp?
Perché altrimenti, veramente, non si spiega. Sempre senza voler fare lo spoileratore a tradimento, partiamo dalla sinossi: un bel momento negli USA, in una bella giornata di fine estate / inizio autunno dei primi 2000, tutti quelli che stanno attaccati ad un cellulare ricevono un impulso che li fa rincoglionire. Ma non rincoglionire nel senso “ah beh ci credo, poi questi han eletto uno come Trump non una ma ben DUE volte…” no. Nel senso che diventano prima pazzi con l’appetite for destruction versione “quando Axl-Rose-ancora-era-un-cantante” e poi un’altra cosa che non sto qui a dirla ma che la scoprirete se vi verrà voglia di leggere “Cell”. Ecco. Genio. Mi ti ci vedo, caro Stephen-Stefano, arrivare alla fine dell’ultima riga di sto libro e pensare “mannaggia alla Omnitel, che titolo posso dare ad una storia in cui i cellulari diventano un mezzo di rincoglionimento di massa? Visto che mettere “2025” rischiava di essere un po’ troppo fare il verso a “1984” ci ha piazzato sto titolo, che almeno è autoreferenziale a ben donde.
Ritorniamo a noi: tutti impazziti, i pochi che non si sono beccati la loro dose di telefonata-killer, prima si bullano fra di loro con frasi tipo “visto? lo sapevo che prima o poi essere boomer avrebbe ripagato”, poi iniziano ad unirsi in piccoli gruppi variegati, in cui quello capitanato da Clay, protagonista scelto dal nostro Stefano nazionale, risulterà esattamente quello di cui ci racconterà vita morte e miracoli fino ad un finale che definire “telefonato”, visto il titolo del libro, farebbe anche un po’ ridere e sarebbe pure una bella frase ad effetto che, maledizione, ora che ci penso avrei dovuto tenermi per dopo. Vabbeh “è andata così fratellì”.
La storia si trascina per non-so-quante-pagine in una sensazione tangibile di contest internazionale di allungamento di brodo come solo certi professionisti della Knorr sanno fare. Loro e, purtroppo vien da dire, anche il buon Stephen. Potrei riassumere l’intero libro in un paragrafo, senza per questo omettere dei dettagli, per lo più insignificanti, che vengono di volta in volta tirati in ballo più per onere di “volume” che per necessità narrative. È come se King dovesse assolutamente, a tutti i costi, raggiungere una massa critica di pagine per poter certificare questo libro come tale. Ed è una sensazione a tratti spiacevole, spiacevole tanto quanto quella che io ho avvertito come la progressiva e sottile sessualizzazione di Alice, anche lei un personaggio del gruppo di Clay. Piccolo dettaglio: nella storia è una quindicenne. UAT-DE-FACS dai.
Il libro alla fine lo salvo a metà, perché è scritto bene, perché comunque è una storia piacevole da leggere, perché quando ti butti sui capisaldi della “morfologia della fiaba”, alla fine, un risultato lo porti sempre a casa in qualche maniera. Però di fondo c’è una grande “dilusione” in me. Mi aspettavo di più da un autore che ho sempre apprezzato, un autore che ha saputo sfornare libri horror fra i miei preferiti e che invece mi ha sorpreso con una storia portata avanti in maniera abbastanza scontata e uno stile patinato quasi a voler forzatamente strizzare l’occhio ad un disperato “vi prego fate subito un film su questo libro”.
La morale della storia? Fate attenzione ai cellulari e ai cosplayer di Stephen King. E ora il mio gran finale: un giudizio sul libro? Un romanzo telefonato.
Sipario.