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27 Marzo 2010
Diario di Bordo

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Diario di Bordo

“27 Marzo 2010, diario di bordo: oggi l’oceano è calmo, come lo era ieri, come lo era il giorno precedente ancora. Navighiamo senza una rotta precisa, navigo senza una rotta precisa visto che sono io il capitano di questa nave, anche se a volte la bussola impazzita che ruota vorticosamente, quasi il magnetismo terrestre sia diventato un caos ingovernabile, sembra volermi ricordare che lo scettro di comando, alla fine, lo detiene proprio lei. Si susseguono le albe ed i tramonti mentre dirigo la nave ora verso un bagliore di aurora boreale, ora verso un infuocato rendez-vous fra terra e sole.”

Potrebbe esser la pagina di un mio diario di bordo, questa pagina. Potrei definirmi un pò come un Cristoforo Colombo del 2010, almeno per ciò che concerne la mia vita: uno con un’idea in testa, che parte per cercar qualcosa di preciso e spera, si augura, di trovare anche qualcos’altro, qualunque cosa, comunque di trovare qualcosa. In questo viaggio la compagnia è ricca di personaggi che spuntano sul ponte della mia nave, a volte danno solo un rapido colpo di spugna, altre volte quasi mi portano a pensare di dover ricorrere alle scialuppe di salvataggio. Alcune hanno il sapore di tabacco che riempie stanze e luoghi chiusi, facendo insinuare fitte coltri di fumo nei diversi angoli ed anfratti della cabina.

Sono presenze a tratti sfuggenti, perchè io forse voglio siano così, perchè infondo la nave è mia e ne sono molto geloso: a nessuno è concesso poterla visitare tutta, poterne conoscere i segreti. Questo, chiamiamolo ironicamente “privilegio”, è stato concesso ad una sola persona, una soltanto… quella in grado di far affondare la nave o anche di ispirarmi a condurla in una qualche direzione.

Tant’è che la realtà mi vede come sempre solitario, qui, in cabina di comando. Una conduzione giornaliera e poco programmata o delineata, un comando della situazione che si ritraduce in un continuo aggiustamento della rotta, davanti ad onde che si palesano improvvisamente nella calma piatta. Pensi di poter raggiungere facilmente determinati posti, pensi “ci sono quasi forse” e qualcosa cambia sistematicamente la direzione della prua e finisci solo più per pensare a salvarti la poppa, cioè a salvarti il culo, detto in soldoni.

Non è angosciante esser soli qui sopra, sulla barca un pò arrugginita che mostra sui lati le ferite delle mille collisioni. A volte si imbarca acqua, a volte invece si sorride anche solo dell’effetto che ha inspirare a pieni polmoni l’odore di salsedine con gli improbabili capelli schiaffeggiati da un vento che forse cerca anch’esso di dar loro una forma. L’unica verità di tutto ciò è la perpetrata condizione di precarietà nello spazio e nel tempo.

Passano gli anni e sembra che i tuoi sforzi per migliorare, dove migliorare vuol solo dire cercar di raggiungere quei piccoli traguardi o aspettative che ti eri fissato, siano solo stati gettati al vento mentre credevi di navigare verso qualcosa e invece stavi solo girando in tondo attorno al nulla. Allora molli i remi, smetti di spaccarti la testa su rotte, cartine e previsioni … smetti anche di guardare le stelle, perchè non c’è niente che ti guida lassù, come non c’è niente che ti guida qui, dove poggi il tuo sedere ogni giorno.

L’unica alternativa diventa così ammettere che non ci sono alternative se non prendere le cose per come vengono e sperare di cavare da esse il meglio, senza troppe aspettative. Credo che il concetto di “aspettativa” sia fortemente radicato in tutte quelle persone che possono permettersi l’invidiabile lusso di avere, di partenza, una percentuale superiore al 50% nel poter ottenere qualcosa.

Non faccio percentuali, non ci sono percentuali che mi diranno se troverò o meno un lavoro migliore, perchè nello spaccarmi i piedi questa settimana, nel continuare ad annuire ed asserire col capo davanti ai mille colpi bassi, non ci vedo aspettative. Ti levano la forza di gravità, ti levano il magnetismo terrestre e ti dicono di esser ottimista a 29 anni, senza bussola, forse anche senza scialuppe di salvataggio. E tu devi annuire e sentire cazzate in tv, vedere gente che vive per i reality pretendere di avere ragione, vedere corretti e politicamente corretti way of life palesarsi, di contrappunto, al tuo immobilismo davanti ad un mondo che non ti piace e di cui non farai mai parte.

Non saranno i numeri a spiegare perchè i miei sentimenti siano stati relegati a poche parole in croce per chiudere un discorso diventato forse quasi “scomodo” e “marginale”… perchè di finire ad essere il personaggio in coda con un bigliettino in attesa del turno per avere considerazione, no non ci sto. Queste grottesche metafore di vita non me le merito, neanche da chi ha visitato tutta la fottutissima nave, scoprendone fin troppi segreti.

Perchè di numeri, alla gente, interessano solo quelli del superenalotto, cercano di regalarsi un sogno e assolutamente non li biasimo per questo. Ho passato un anno a cercare non di regalarmelo ma di concretizzarlo, ho passato le notti ad attendere risposte, magari anche stupide, magari anche sbagliando. Ho passato i giorni ad inviare CV, a delineare rotte e piani di azione, per ricevere solo cafonate e poca considerazione. Questo è il comune denominatore di tutto, forse.

Il risultato è che quando arrivi davanti alla “tempesta perfetta”, quando arrivi a capire che l’unica cosa su cui credevi di avere controllo: te stesso, si palesa essere una forte illusione. Allora dici basta, allora smetti di aggrapparti con le unghie a qualcosa che dentro ti gira lo stomaco ogni volta, perchè è così importante per te. Allora vuoi mettere i puntini sulle “i” prima che sia troppo tardi, dopo aver capito che finire alle scialuppe di salvataggio deve esser davvero l’ultima cosa da fare… allora forse la vai a cercare di proposito, la tempesta, per vedere cosa ne uscirà, per vedere come ne uscirai… e lo fai e ti ci schianti contro, ti colpiscono fulmini che non ammettono repliche, perchè tutto si dirada, lasciandoti solo, sulla nave.

Attorno c’è calma piatta, è così da allora. Hai inziato pazientemente a risistemare tutto quanto, per poter navigare. Non importa se la bussola non ha direzione e gira come impazzita, tanto non saprei comunque in che direzione andare.

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